lunedì 7 maggio 2012

Fontana finalmente a New York


Alla Gagosian Gallery di New York, dal 3 maggio al 30 giugno si terrà la mostra “Ambienti Spaziali” dedicata ai lavori di Lucio Fontana. Organizzata con la Fondazione Lucio Fontana di Milano, l’esposizione, curata da Germano Celant con la collaborazione di Valentina Castellani propone un centinaio di opere in arrivo da collezioni pubbliche e private – tra cui alcune raramente esposte al pubblico – nonché la riproduzione fedele di sei opere del ciclo “Ambienti Spaziali”, realizzati nel 1968 per “Documenta 4″: un complesso labirinto di luminosità abbagliante in cui lo spettatore perde il senso dell’orientamento e del tempo.
La retrospettiva intende sottolineare come la fascinazione per gli avanzamenti della scienza e della tecnologia durante il ventesimo secolo abbia portato Fontana ad avvicinarsi all’arte come indagine di mezzi e metodi. Come scultore, ha sperimentato la pietra, i metalli, la ceramica il neon; come pittore ha tentato di trascendere i confini del piano bidimensionale.
In una serie di manifesti, a partire dal Manifesto blanco del 1946, Fontana aveva annunciato l’arte “spazialista”, con l’obiettivo di coinvolgere la tecnologia per raggiungere l’espressione della quarta dimensione in un radicale nuovo linguaggio estetico che fondesse le categorie di architettura, scultura, e pittura.

Oggi ci resta un rammarico, il non poter sapere come Fontana, scomparso nel 1968 a 69 anni, avrebbe potuto interagire con le nuove tecnologie, come, gli strumenti impensabili al suo tempo, avrebbero influenzato la sua opera. Lo avremmo forse ritrovato come video-artista?

Addestrato alle tecniche classiche della scultura, Fontana fu inizialmente conosciuto per le opere prodotte durante il Ventennio, arte costretta nei limiti dell’ideologia, ma che già conteneva un linguaggio razionalista astratto in linea con quegli audaci esperimenti delle architettoniche razionaliste di Edoardo Persico e Giuseppe Terragni.
Al suo ritorno a Milano dall’Argentina nel 1947, Fontana trovò però il suo studio completamente distrutto dai bombardamenti alleati. Quel momento diventa uno spartiacque, a causa di questa brusca tabula rasa, si considererà della generazione di artisti del dopoguerra e la storia della sua carriera diventa, effettivamente, la storia dei suoi ultimi venti anni. Ispirato, ma al tempo stesso superando, il linguaggio del Futurismo, elimina i supporti tradizionali della pittura e della scultura.
Con l’atto di tagliare una tela dipinta con un solo colore, Fontana oltrepassa lo spazio di definizione e la tecnica convenzionale. Un atto che impugna l’intera storia della pittura occidentale da cavalletto portandolo alla conclusione che la pittura non è più l’illusione contenuta nelle dimensioni di una tela, ma, piuttosto, un concetto dinamico che si forma dalla fusione di colore, spazio architettonico, gesto e luce.
Così nasce il concetto di spazialismo e da questo momento, Fontana intitolerà le sue opere Concetti spaziali. Concetti, appunto, perché i suoi assalti sulla tela non erano solo fisici, erano modi per portare lo sguardo dello spettatore al di là della pittura, in quella dimensione del possibile che chiamò “spazio libero”.

autore: redazione "daringtodo.com"


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