venerdì 1 febbraio 2013

dal quotidiano "La Repubblica" uno spaccato di vita. "Duchamp: la sposa ignorante e il genio provocatore"


Un matrimonio così, tanto per fare. Senza alcun dialogo né prospettive né romanticismo. Protagonisti una giovane borghese casta, pingue e non estrosa, e un genio di rara perfidia, alieno ai sentimenti e non immune da sadismo. Lui è Marcel Duchamp, animatore di dadaismo e surrealismo, iniziatore dell' arte concettuale, ironico e perturbante nichilista capace di trasformare oggetti presi dalla vita - scolabottiglie, ruote di biciclette, orinatoi - in somme opere d' arte, i ready-made. Lei, Lydie Sarazin-Levassor, sua prima moglie, buttata via dopo pochi mesi d' insulsa convivenza, gli ha dedicato un libro di memorie ingenuo e doloroso, molto istruttivo sull' indole patologicamente anaffettiva dell' uomo con «lo sguardo più intelligente del ventesimo secolo», come disse Breton (verificare per credere la straordinaria bellezza di Marcel nei ritratti esposti in questi giorni al Pac di Milano, nella mostra di Ugo Mulas La scena dell' arte). Già uscito in francese e in inglese, e ora edito in Italia da Archinto (pagg. 204, euro 22), il libro s' intitola Uno scacco matrimoniale, con riferimento alla mania più coltivata da Duchamp, scacchista insigne e ossessivo. Il sottotitolo, Il cuore della sposa messo a nudo dal suo scapolo, anche, implica una citazione ancor più sofisticata, visto che l' opera più importante di Duchamp, manifesto del suo credo, è La Mariée mise à nu par ses célibataires, même. Il che, applicato a questo diario coniugale d' irrimediabile comicità e tristezza, esprime in modo pertinente lo stato di disagio di una candida Demoiselle d' inizio Novecento catapultata negli anni irriverenti della rimessa in discussione dei valori dopo la Grande Guerra, e veramente «messa a nudo», nel suo piccolo e stupido cuore traboccante di aspettative, da uno scapolo spietato. Quando conosce Duchamp, nel ' 27, Lydie ha 24 anni, i suoi genitori stanno per divorziare e lei non sa che fare della propria vita. Suo padre ha un' amante, Jeanne de Monjovet, cantante alla moda che vuol essere sposata, e la madre di Lydie acconsentirà al divorzio solo se prima si sposerà la figlia. Germaine Everling, compagna del pittore Francis Picabia, fa conoscere alla ragazza Marcel, all' epoca in cerca di moglie con dote cospicua. Lydie trova «bizzarro» quest' artista che ha abbandonato la pittura per concentrarsi sugli scacchi, mentre Duchamp si dice affascinato dall' ignoranza catastrofica di lei: «Meraviglioso ignorare tutto a tal punto!». E già al secondo incontro la giovinetta è innamorata di questo strano quarantenne che ammira l' incultura di lei e che fa sfoggio di un cappotto di lupo canadese, di un' incredibile profusione di cravatte e di una tuta da falegname indossata al posto della vestaglia. Da allora compiono escursioni gastronomiche quasi quotidiane in giro per Parigi, consuetudine compulsiva che caratterizzerà la loro unione. Marcel è tornato a Parigi dopo il lungo soggiorno americano, dove ha prodotto i primi scandalosi ready-made, si è applicato alle follie ermetiche e alchemiche della Mariée, detta anche il Grande Vetro (due enormi lastre di vetro racchiudono lamine di metallo dipinto, polvere e fili di piombo), e ha fondato con i mecenati Katherine Dreier e Walter Arensberg la Society of Indipendent Artists. Lydie, a fianco di Marcel, scopre un mondo stravagante e avanguardista di cui non comprende nulla, animato da eroi come Picasso, Cocteau, Kiki de Montparnasse e Yvonne George. Non conosce il lavoro di Duchamp, e resta disgustata dalla prima opera che vede, il Moulin à café. L' incompatibilità è evidente: a lei piace cantare (ma è stonata), lui detesta la musica; lei crede nella reincarnazione, mentre lui trova ridicoli i temi metafisici. Piuttosto ama la matematica e i giochi di parole osceni, che lei trova abominevoli. Eppure si fissano le nozze e si decide che la coppia abiterà nel piccolo studio di Marcel, in Rue Larrey. L' arredo si compone di un' esilarante raccolta di ready-made: utensili da medici acquisiti come arnesi da cucina, padelle da ospedale come piatti di portata, dondoli che pendono dal soffitto al posto dei letti. La casa, al settimo piano di un edificio senza ascensore, è un antro sordido col gabinetto alla turca, una moquette consunta e una brutta stufa di ghisa. Quando Lydie vi porta le sue valigie, Marcel reagisce con un attacco di nausea. Il matrimonio viene celebrato il 7 giugno 1927, con Man Ray che filma la cerimonia e Picabia come testimone, e nei giorni successivi gli sposi, i quali insistono nel darsi del voi, trascorrono il tempo, comme d' habitude, a mangiare. Lydie elenca intere mappe culinarie: stinco di montone alla Gare d' Austerlitz, cotolette alla Villette, rognoni fritti alla Porte d' Orléans, cous cous alla Moschea. Duchamp rivela vari chiodi fissi: l' odio per Freud («quel tipo di Vienna vizioso e pervertito»), la passione per i luoghi pieni di portuali (quando viaggia vuole dormire in infimi alberghetti nei porti) e il ribrezzo per i peli, per cui la obbliga a depilarsi con lo zolfo. Non le racconta quello che nel ' 20 era stato il suo primo film, distrutto durante lo sviluppo della pellicola e girato con Man Ray: la rasatura pubica della baronessa Elsa von Freytag-Loringhoven, incarnazione del Dada a New York e celebre per i suoi cappelli carichi di carote e barbabietole. Lydie frequenta suo malgrado gli amici di Marcel, in particolare Brancusi e Man Ray. Il primo è uno scultore rumeno che la ammette nella sua cerchia dei Maurice, secondo il nome che dà alle persone «di animo puro», con l' esito di un susseguirsi di serate alcoliche tra Maurice Lydie, Maurice Marcel e Maurice Brancusi. Il secondo è descritto come un ometto ipocrita, meschino e tirchio, che quando la accoglie nel suo studio per farle un ritratto (lei lo giudicherà orrendo) la nasconde all' arrivo di un mercante, umiliandola come una prostituta. Il matrimonio Duchamp viaggia di male in peggio durante una gita nel Midi, sulla 5 Cavalli di lei. In campagna, mentre Picabia esibisce il vezzo di sparare alle gomme della macchina che lo precede, Lydie diventa sempre più grassa e Marcel si fa secco e cupo. Tornati a Parigi, le annuncia di aver affittato per loro due un appartamento più spazioso e le impone di risistemarlo. Poi la invita a spostarsi da sola nella casa nuova e a trovarsi al più presto degli amanti. E quando sono convocati dal giudice per il divorzio estrae dalla tasca un libriccino di indovinelli invitandola a giocare insieme, per ingannare l' attesa. Lydie lo definisce un bricoleur più che un artista e un mostruoso cacciatore di dote, capace d' infierire sulle sue vittime con perversione chirurgica. Negli anni Settanta, sposata dal ' 43 con Pierre Fischer, le brucia ancora lo scacco. Spinta dagli organizzatori della grande retrospettiva su Duchamp presentata al Centre Pompidou nel ' 77, scrive la sua grottesca cronaca matrimoniale, di cui una rivista pubblica alcuni estratti nell' 89, un anno dopo la morte della signora. Il libro completo esce nel 2004, curato e commentato (con appendice di note minuziose) dal semiologo Marc Décimo, che riceve il dattiloscritto dal figlio di Lydie, Claude-Olivier Fischer. Da parte sua Marcel, morto nel ' 68, aveva lietamente rinunciato al celibato sposando nel ' 54 Alexina Sattler Matisse, detta Teeny, rimastagli accanto per la vita. Quanto a Lydie, la patetica sposa messa a nudo, dopo il divorzio da Marcel avrebbe adottato per se stessa il nome di «Lydiote»: così firmava le sue lettere. Per dire quanto devastante fosse stata l' esperienza.

LEONETTA BENTIVOGLIO (articolo pubblicato il 7 febbraio 2008)

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