E' la libertà che si pone
come condizione necessaria nel dar vita a quel fenomeno che la Storia
dell'Arte chiama col nome proprio di Risorgimento e che identifica lo
spirito di mezzo secolo.
La sua traduzione in pittura si esprime nel tentativo
di innovare le esperienze culturali conservatrici e quindi di
combattere coraggiosamente le istanze di un ormai ripetitivo fare
Accademico.
La grande moltitudine di “ correnti scuole regionali o
municipali, ciascuna delle quali aspira a porsi come espressione
dell'arte italiana” (G.C.Argan) partecipa alla codifica di un sentimento
comune condiviso e non più imposto.
Il linguaggio figurativo non sarà più inteso come una questione meramente intellettuale ma dignitosamente popolare.
E allora si riscoprono valori come famiglia patria e fede.
Diventano essi stessi soggetto principale di una poetica che cambia
profondamente il sentire comune, traghettando finalmente l'Italia verso
quel cambiamento figurativo e culturale auspicato e già avvenuto nel
resto d'Europa.
Esponente di straordinaria fascinazione è
Domenico Induno, poeta del genere popolare meno noto ai molti ma
estremamente capace di rimandare al pubblico i sentimenti fondanti della
propria terra.
Le figure rivelano un pronto realismo, il
parlottare del popolo è tangibile e manifesta il clamore suscitato dalla
pace di Villafranca, lo sfondo è costituito da vecchi edifici civili
consumati dalla polvere della guerra ma spesso ornati da fiori e
arrampicanti, la luce ci mostra la speranza che qualcosa sta per
cambiare.
Quella moltitudine di correnti unite per un fine comune
corrisponde alla pennellata minuziosa dell'artista che accosta piccoli
grumi di colori gli uni con gli altri, frammentando lo spazio scenico e
portando chi guarda a volte ad allontanarlo, perché smarrito in tanto
virtuosismo, a volte incuriositi ci porta ad avvicinarlo.
Infondo
siamo un po così anche noi...allontaniamo ciò che ci circonda facendo
finta di niente finché, pensandoci bene, capiamo di aver sbagliato e ci
facciamo perdonare.
immagine
- l'arrivo del bollettino della pace di Villafranca, 1861-62, Domenico Induno, Milano, Museo del Risorgimento
"[...] o si vive del rapporto con gli altri e l'io si scioglie in una relatività senza fine, ed è la vita, o l'io si assolutizza e taglia ogni relazione con ciò che è altro, ed è la morte." (Giulio Carlo Argan)
giovedì 17 marzo 2011
martedì 8 marzo 2011
auguri Beatrice
1599, Beatrice Cenci figlia
di Francesco Cenci, nobile romano, condannata a morte assieme ad alcuni
suoi familiari perché colpevole dell'omicidio del padre.
Una sentenza esemplare del potere, una pubblica piazza gremita di gente proveniente da ogni dove, pronta a giudicare ciò che non conosce, ma che inevitabilmente si siede a riflettere.
Una vita di abusi quella di Beatrice, segregata in casa subiva inerme le molestie paterne..ascoltava impaurita il gemere prepotente di un padre snaturato e vigliacco.
Incarna allora come oggi parole come libertà giustizia identità alterità
E allora la scelta di questo ritratto.
Si dice che Guido Reni, sia riuscito a ritrarla un attimo prima che fosse condotta a morte.
Uno sguardo che ci impone domande imbarazzanti
Lei un po eroina un po martire,
impaurita e consapevole, offesa ma fiera.
Un volto che ci attraversa, un volto che cerca un aiuto che non arriverà mai, ma che allo stesso tempo pone in se una forza straordinaria e generatrice.
Beatrice Cenci, dice Stendhal, sorpresa con gli occhi languidi, “piangenti calde lacrime” non dette, trattenute.
Rassegnata per la condanna imminente ma consapevole del suo gesto .
Si impari a trattenere lo sguardo su ciò che è meritevole, un quadro una donna.
Al di là di ognuna di esse non ci si ponga limiti, certi di trovare un essere da custodire, non un vanto da possedere
immagine
-ritratto di Beatrice Cenci, Guido Reni, 1599, Galleria Nazionale di Arte Antica, Palazzo Barberini, Roma
Una sentenza esemplare del potere, una pubblica piazza gremita di gente proveniente da ogni dove, pronta a giudicare ciò che non conosce, ma che inevitabilmente si siede a riflettere.
Una vita di abusi quella di Beatrice, segregata in casa subiva inerme le molestie paterne..ascoltava impaurita il gemere prepotente di un padre snaturato e vigliacco.
Incarna allora come oggi parole come libertà giustizia identità alterità
E allora la scelta di questo ritratto.
Si dice che Guido Reni, sia riuscito a ritrarla un attimo prima che fosse condotta a morte.
Uno sguardo che ci impone domande imbarazzanti
Lei un po eroina un po martire,
impaurita e consapevole, offesa ma fiera.
Un volto che ci attraversa, un volto che cerca un aiuto che non arriverà mai, ma che allo stesso tempo pone in se una forza straordinaria e generatrice.
Beatrice Cenci, dice Stendhal, sorpresa con gli occhi languidi, “piangenti calde lacrime” non dette, trattenute.
Rassegnata per la condanna imminente ma consapevole del suo gesto .
Si impari a trattenere lo sguardo su ciò che è meritevole, un quadro una donna.
Al di là di ognuna di esse non ci si ponga limiti, certi di trovare un essere da custodire, non un vanto da possedere
immagine
-ritratto di Beatrice Cenci, Guido Reni, 1599, Galleria Nazionale di Arte Antica, Palazzo Barberini, Roma
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