sabato 21 aprile 2012

l'Opera d'Arte 'completa' ?


Michelangelo Roberti racchiude all'interno delle sue scatole la curiosità umana.

Come lui oggi provo a giocare con voi... 


Una "COSA" intesa come qualsiasi elemento reale o astratto, che in se racchiuda ogni estensione dei nostri 5 sensi?
Cioè, "COSA" può essere Visto-Sentito-Odorato-Gustato-Toccato?

Con questa risposta cerchiamo l'Opera d'Arte 'completa'...e se riusciremo a trovare il suo esatto opposto, troveremo allo stesso modo quella 'nulla'.



lunedì 9 aprile 2012

Caravaggio "sovvertitore sociale"

 da " L'incredulità del Caravaggio", di Ferdinando Bologna.

Prendo presuntuosamente licenza nei confronti del testo del Bologna, svelando tra le sue parole non dette, la qualifica di "sovvertitore sociale" per il Merisi.
Elevando la pittura di "genere" a pittura colta, e declassando quella ufficiale a profana, Caravaggio riequilibra le classi pittoriche dei "tipi".

Chi avrebbe mai detto che un cesto di frutti marci, per di più pericolante, potesse mai prendersi l'intera scena di un dipinto.
E chi avrebbe mai potuto immaginare che una prostituta potesse impersonare la Madre del Signore, per di più a capo chino sull'uscio della porta. Sembra poi oltremodo oltraggioso per la pittura seicentesca che il primo piano della rappresentazione fosse occupato da pellegrini scalzi e maleodoranti.

Così facendo questo artista del popolo, dipinge per il popolo.
La tradizione recente non gli interessa. Il decoro è un mostro dal quale fuggire per riprendere l'umiltà del naturale.
Questa è la lezione più grande del Caravaggio che mai è stata compresa fino in fondo da chi lo ha imitato.
Non sono le ambientazioni cupe, ma il senso di pietà ad essere messo in evidenza; quelle ombre fungono da strumento non sono fine.
Lo stesso senso di pietà che poi grida vendetta quando si fa grande recitando entro palcoscenici di notevoli dimensioni. Ecco perché le tele del Merisi diventano sempre più grandi, non è autostima ma servilismo nei confronti di
quella pietà. E' un grido di dolore e disprezzo a cui egli da fiato.
Il suo ego si mostra nei ritratti non nelle dimensioni.

Una mela marcia possiede tanta dignità quanto un ostia sacra.
La preghiera è la stessa fosse anche di un povero pezzente.


lunedì 2 aprile 2012

Leonardo: Oltre i confini


Che cosa c'è da guardare nella Gioconda?
Il Sorriso affabile della persona ritratta.
La somiglianza dei tratti, la morbidezza della posa.
Oppure lo splendido paesaggio fiorentino alle sue spalle.

Certamente agli occhi di chi questo capolavoro lo ha studiato, esso appare come una fascinazione invisibile. Invisibile poiché contemplando il dipinto, al di là del suo indiscutibile valore esoterico e mistico che pervade chi vi è di fronte, ci si potrebbe accorgere che in esso abiti il risultato di tutte le teorie di Leonardo. Come se convogliassero in un unico assunto...che è lo sfumato.
Sappiamo tutti che lo sfumato era un espediente adottato da Leonardo per riprodurre fedelmente l'atmosfera, tradurla così in una patina ariosa che si poneva verosimilmente tra il nostro occhio e ciò che si stava guardando.
Ma questo “sfumato” si arricchisce di un valore semantico che va molto al di là della semplice imitazione realistica della natura.

La dottrina Neoplatonica, fortemente presente nella mente degli illuminati filosofi rinascimentali come Ficino o Pico della Mirandola, pretendeva che si combattesse una guerra indefinita e perenne tra Natura e Uomo. La visione che ne scaturì fu univocamente antropologica.
Con questo dipinto è come se Leonardo prendesse parte alla discussione.
Se per Michelangelo la risposta all'eterna lotta tra Uomo e Natura è la vittoria senza riserve dell'Uomo sul mondo, (non noteremo infatti alcun paesaggio nella vastissima produzione del Buonarroti, se non piccoli accenni marginali), la risposta di Leonardo è diametralmente opposta a quella del suo antagonista, dando vita ad un'unione tra i due contendenti; l'Uomo infatti vive insieme alla Natura, perché da essa discende e perché ad essa si adatta continuamente.

Se si nota bene ora, i contorni della Gioconda non sono definibili come lo sono quelli di una qual si voglia figura Michelangiolesca.
Lì potrebbe essere il valore artistico più grande della Gioconda a mio avviso, nella compenetrazione del paesaggio entro i confini della “Monna Lisa”, e quindi della Natura entro la vita dell'Uomo.
Così facendo la Signora Gherardini interagisce con lo sfondo in un rapporto di mutuo coinvolgimento emotivo, in cui ella risalta e viene risaltata di rimando, in un sottilissimo gioco di colori soffusi e atmosfera rarefatta.