domenica 19 agosto 2012

Rauschenberg: Come può un "letto" divenire opera d'arte?

Dopo aver letto il post precedente, ci appare chiaro allora quale sia la giustificazione storica dell' opera di Rauschenberg...fare di un'oggetto comune un'opera d'arte, eliminando definitivamente il limite che intercorre tra arte e realtà. Gli intenti della sua generazione erano stati pienamente soddisfatti.
Ma c'è un fatto che più di tutti illumina l'opera di Rauschenberg, ed è il suo "piano pittorico".

Il Modernismo giocava solo con i propri mezzi espressivi quali colori, vernici, supporti, pennelli, salvaguardando ancor più la bidimensionalità come sua caratteristica esclusiva. Questa tendenza ad appiattire la superficie rese noti molti degli artisti che dominarono e dominano tutt' oggi il mercato mondiale: nomi quali Pollok, Rothko, Newman, Noland...in questi artisti infatti, non è possibile distinguere primo piano e sfondo, ed è anche per questo motivo che essi rispondono più di ogni altro artista alla massima aspirazione dell'arte Moderna di cui erano ambasciatori.
Ma qui siamo andati oltre la modernità. Nell'opera di Rauschenberg c'è già qualcosa di contemporaneo.
E' vero che trattando l'opera come un quadro, l'artista statunitense compie di fatto una citazione alla pittura da cavalletto. Ma ci mostra anche come il piano sia cambiato..non vuole essere più visivo e verticale ma operativo e orizzontale. 
Cosa vuole dire questo? Il letto è un oggetto che adoperiamo nel piano trasversale dello spazio reale rispetto alla nostra posizione eretta. Vederlo appeso ad una parete mostra come il piano trasversale del pavimento sia stato riproposto con un angolatura nuova, frontale. Ed è proprio questo il cambiamento reale nel mondo dell' arte contemporanea che scopre Steinberg. Queste opere non vogliono più esclusivamente esser viste, come quadri figurati, ma soprattutto rivissute, in quanto è l'operare dell'artista che si è reso manifesto. 
Un quadro di Rembradt ci suggerisce immediatamente una pittura verticale e classica nel modo di lavorare; con un cavalletto posizionato difronte all'artista, dei pennelli, la tavolozza sempre sporca di colori mischiati, etc etc... 
Condividendo il suo lavoro con chi vi è difronte, Rauscenberg invece rimanda ad un operare orizzontale e non verticale, proprio perché il letto è un oggetto che esiste sul piano orizzontale; è come se desse anche a noi  licenza nel rassettare le lenzuola di quel letto. 
Se il letto fosse stato perfettamente ordinato, il rimando al "fare" non sarebbe stato così immediato, come lo è invece guardando delle coperte arruffate. E se ancora fosse rimasto a terra, non vi sarebbe stata alcuna differenza tra letto/oggetto e letto/opera d'arte.

Ricordate Pollok che dipingeva le sue tele attraversando lo spazio della tela con i piedi. Le opere che vediamo esposte nei musei, sono sempre delle tele poste su parete, ma rimandano ad un lavoro dell'artista che è stato in origine orizzontale.
Per Rauschenberg, riguardo alla modalità di approccio, vale la stessa cosa, solo che in Pollok vedevamo arte Moderna, in Rauschenberg arte contemporanea.

Il letto di Rauschenberg è quindi un opera d'arte, poiché risultato di un percorso artistico che prende in considerazione tradizione, recente passato e presente storico.

venerdì 17 agosto 2012

Vasari, Greenberg, Danto: Prima dopo e durante..la Critica mette ordine



La questione che si pone evidente negli ultimi scritti della critica contemporanea è che il mondo dell'arte attuale, avendo a disposizione tutta una storia passata, possiede anche gli strumenti per mettere ordine li dove è il caos a regnare sovrano.
A cominciare questa opera di definizione fu originariamente Giorgio Vasari. Il suo Vitae (1550-1568), con la quale opera si apre ufficialmente la Storia dell'Arte, propone una narrazione pittorica progressiva sino al massimo grado di rappresentazione possibile. Il filo conduttore era la “mimesis”, l'imitazione del naturale, ed era su questa che si basava  il giudizio di gusto comune. Per Vasari infatti, Michelangelo e Raffaello potevano considerarsi i massimi interpreti delle ambizioni Rinascimentali.

Questo intento al naturalismo si osserva diligentemente fino a che, ed è Greenberg che subentra al Vasari con il saggio Pittura Modernista (1965), Manet e gli Impressionisti non irrompono nella scena artistica prima francese, poi Europea, mettendo in discussione tutta la tradizione artistica precedente. Influenzati anche dalle scoperte circa la fotografia di Deguerre (anni '30 dell' Ottocento), in grado come e più della pittura di mostrare la realtà così com era senza particolari difficoltà tecniche, si determinò un'improvvisa ripensamento nel mondo dell'arte che porto la pittura, e più tardi anche la scultura, ad allontanarsi rapidamente dalla rappresentazione naturalistica, aumentando senza accorgersene il suo raggio d'azione, liberandosi dagli obblighi della “raffigurazione formale forzata”. Il suo ruolo smise di essere quello di mero reportage e cominciò ad esprimersi secondo specifiche altamente personali: si frammentano le forme attraverso la luce, si mettono più in generale in evidenza tutto ciò che sino ad allora veniva tenuto nascosto e considerato come “mancanza” da parte dell'artista; di lì in poi infatti bidimensionalità, colori puri, pennellate esplicite e supporti grezzi divennero cifra stilistica e pratica comune di quel particolare contesto storico che era il XX secolo. L'arte aveva cominciato la sua opera di purificazione che vedeva in Pollok il suo massimo interprete. Per questo motivo, per aver di lì in poi dato inizio a quella nuova consapevolezza che Greenberg ritiene essere caratteristica fondamentale dell'opera moderna, gli Impressionisti vengono etichettati come i veri primi modernisti.

Ma con Arthur Danto si approda ad un grado di consapevolezza ancor più profondo.
Con Dopo la fine dell'arte (1997), egli pone in essere delle questioni primarie su cosa sia l'arte contemporanea oggi, e su come sia possibile distinguere l'arte contemporanea da quella moderna.
Ci è voluto relativamente poco per porre queste domande al centro del dibattito culturale ed artistico. Se si pensa al salto dall'arte rinascimentale del '400 fino agli impressionisti di metà '800, 
30 anni sono relativamente pochi per voltare pagina, ma sono anche sintomo della velocità con la quale la modernità avanza.
E' plausibile che Arthur Danto possa realmente considerarsi un nuovo punto d'inizio per la Storia dell'Arte futura.
Quando egli afferma "l'Arte è finita" non intende assolutamente dichiarare che la produzione artistica cessa improvvisamente di esistere. Sostiene al contrario che quella che avremo difronte da oggi in poi sarà un' arte talmente diversa da quella passata, che non potrà più essere sottoposta agli stessi interrogativi di prima.
Ciò che Danto ritiene sia finito è un filo conduttore, il progressivo sviluppo di una narrazione che ha visto l'arte porsi come diaframma ottico tra la realtà e la rappresentazione.
Tutta la storia dell'arte ha avuto a che fare con l'illusione come dice Steinberg, (Altri Criteri, 1972), ma da un certo momento in poi questa scissione tra arte e realtà è sembrata essere meno evidente.

I primi accenni del cambiamento vengono dai ready-made del 1913 di Duchamp, che innalzavano al ruolo di arte degli oggetti comuni, e spesso utili, contravvenendo al pensiero pionieristico di Kant, secondo cui l'arte è bellezza e la bellezza non ha nulla a che vedere con l'utilità, con alcuno  scopo, se non quello di essere bella di per sé. (Critica del Giudizio)
Ma è con i Brillo box del '64 di Warhol che arte e realtà si fondono, sino a non riuscire a determinarne le differenze necessarie.
Quale è la differenza tra i brillo box esposti in un museo e quelli esposti lungo le corsie di un supermercato?....