lunedì 30 dicembre 2013

NOMACHI Kazuyohi: le vie del sacro al MACRO di Testaccio fino al 4 Maggio 2014

da Steve McCurry a Kazuyohi Nomachi ...il nuovo volto della fotografia contemporanea.
Ancora una bambina, ancora un foto ritratto. Questo scatto di "Nomade Tibetana" datato 1990 compiuto durante un pellegrinaggio del fotografo in Tibet, si manifesta quale sintesi di ricordo e virtù. 

Il ricordo sta nella citazione di "Ragazza Afgana" e appare evidente sia nello sguardo che nei colori, anche se invertiti. Nuovi elementi si scoprono nella maschera del viso, nelle semplici decorazioni in pietra della capigliatura nascosta sotto una grande pelliccia nera. Piccoli strumenti d'indagine ed allo stesso tempo indizi pronti a svelare qualcosa di più. 
Il fondo diventa bianco, cambia il contesto, cambiano le abitudini, il clima diventa una componente essenziale. Sarà questo a condizionare l'atteggiamento del soggetto.




E' scomparso lo spavento che suggerivano gli occhi di Sharbat Gula, segnata dagli eventi della rivolta mussulmana contro l'occupazione sovietica e dalla permanenza entro il campo profughi di Peshawar. 
Ora è il freddo a donare a questa giovane donna un motivo per lottare, per vivere. Si cosparge il viso di una sostanza protettiva, copre il capo con un cappello pesantissimo durante le lunghe traversate nelle distese del nord. Piccole azioni necessarie che tuttavia la rendono parte attiva e non passiva della sua vita. 

...può però un briciolo di speranza definirsi fortuna? 

martedì 17 dicembre 2013

nuova agenda culturale 2014: tra ARTE & SOCIALE








Agenda Cultura 2014 nasce dall’idea di riunire in un’unica agenda a pagine doppie settimanali tutte le mostre e gli eventi culturali, spaziando dall’arte al cinema, dai festival letterari alla musica, dal teatro alle feste e tradizioni popolari, non dimenticando gli anniversari, i premi, le festivita’ religiose, le principali fiere, un po’ di enogastronomia e curiosità varie (i siti italiani riconosciuti patrimonio dell’Unesco, i musei piu’ visitati, le giornate promosse dall’Onu o dall’Unesco, quelle previste da leggi italiane e quelle non ufficiali). Un’agenda per chi si interessa di cultura o si occupa di turismo o anche il semplice curioso, ma soprattutto un’agenda per finanziare la ricerca scientifica e portare avanti i progetti della Fondazione Vertical Onlus per la cura delle lesioni spinali.

Per informazioni circa l’acquisto dell’agenda potete scrivere alla mail info@agendacultura.it. Sono previsti sconti per ordini multipli. E’ possibile anche una versione personalizzata (dalle 25 copie in su) con 4-8 pagine dedicate alla pubblicità dell’Azienda, Ente o Attività, o ad un messaggio personale per i privati. Potrete realizzare un regalo di Natale personalizzato, originalissimo, con contenuti culturali e con una vocazione sociale importante. Fai un "gift" intelligente con Agenda Cultura 2014!




domenica 15 dicembre 2013

Amnesty International: quando le parole non servono...più.

"Amnesty International presenta in Svizzera la nuova campagna di sensibilizzazione outdoor creata dalla Walker Werbeagentur Zuerich. La campagna utilizza lo slogan  IT'S NOT HAPPENING HERE, BUT IT IS HAPPANING NOW", tradotto in varie lingue, dal francese al tedesco. Utilizzando i cartelloni trasparenti, la campagna mira a mostrare alla gente quello che sta succedendo nel mondo, anche se non sta accadendo davanti a loro alla fermata dell'autobus. Gli annunci ritraggono problemi in paesi come l'Iraq, Cina e Sudan." Per saperne di più su http://www.walker.ag/2006/05/03/es-geschieht-nicht-hier-aber-jetzt-3/







giovedì 12 dicembre 2013

le Mostre?..meno male che ci sono, meno male che interessano..purché insegnino qualcosa

FortissimamenteArte propone un nuovo modo di intendere “mostra” .
Se davvero crediamo nel potere educativo dell'arte allora che lo si comprenda fino in fondo.
Basta con queste mostre “contenitore”.

Celebratissimi dalle istituzioni e attentamente monitorati dalla critica, questi “contenitori d'arte” prosperano indisturbati sin dalla notte dei tempi. Acclamate fino allo sfinimento dai fan del mito (ora Caravaggio ora gli Impressionisti) queste mostre, che prima traevano la propria ragion d'essere dalla necessità di sensibilizzare l'opinione pubblica, ora permangono in uno stallo perenne che non permette loro di uscirne finalmente rinnovate.

Quale bisogno c'è, se non per far cassa e confondere ulteriormente le idee a chi guarda, di riempire sale e sale di Musei pubblici o privati di opere, tanto numerose da sembrare una collezione di suppellettili piuttosto che di opere d'arte.
Davvero crediamo che il numero sia più importante del senso?
Crediamo davvero che passando di fronte ad una boutique con dieci capi esposti in un unica vetrina, questi suscitino maggior ammirazione o curiosità di un solo abito, indossato da un solo manichino, isolato in uno spazio circostante interamente pensato per lui?

Come un capo racconta in se tutta la perizia e l'amore che c'è dietro il suo concepimento, così l'opera contiene in sé tutta la creatività ed il bagaglio di idee che l'hanno generata.

Ricordateci qual'è la differenza tra un capo artigianale ed un prodotto commerciale?
Ricordateci qual'è la differenza tra un opera d'arte ed un poster?

Soddisfare il gusto abbietto e meschino di un epoca male educata e ostinatamente arrogante come la nostra, è diventato più importante dell'opera stessa; l'allestimento, la pubblicità, il mito dell'artista maledetto, più importante del suo risultato artistico. Un ego sconfinato di una civiltà corrotta dall'eccesso e da una sicurezza straripante. (la crisi ci ha reso meno eccentrici ma è una forzatura non lo siamo diventati realmente)
Provate a parlare con le persone e contate quante volte la parola “io” esce dalle loro frasi, dai discorsi di qualsiasi genere. Sommate “io” ad ogni “io” precedente e comporrete un saggio composto solo da quelle due vocali che ripetendosi all'infinito riempiranno pagine e pagine di nulla.

E chi sta concorrendo a dimostrare questa "diseducazione" collettiva? Non gli imprenditori, ne la gente comune, ma i suoi protagonisti: artisti, curatori, soprintendenti, professori... Proprio gli addetti ai lavori lanciano mostre esplosive, come petardi ad orologeria dalla gittata incalcolabile. “Caravaggio” , “Gli Impressionisti”, "Andy Warhol" ...più il tema e generico o nel caso delle monografie più appetitoso, maggiore è il numero di opere raccolte al suo interno. Milioni di carte scritte dai più quotati curatori, esperti, collezionisti, intenditori, operatori d'asta, riviste specializzate, accademici, utenti internet, pagine web, blog a tema (questo compreso), istituzioni pubbliche, uffici stampa, tutto il mondo dell'arte, quel mondo che secondo Danto [http://www.marinotti.com/arthur-danto/oltre-il-brillo-box] avrebbe lui solo il diritto di elevare un opera al suo status di opera d'arte, si muove freneticamente attorno a queste super mostre nella speranza di compiere l'evento, la mostra record, sia in termini di botteghino che per opere esposte.


Non ci rendiamo conto che chiunque visiti il percorso di una mostra rimane ancor più disorientato di quando non lo fosse prima di entrare?
Non ci rendiamo conto che le sensazioni suscitate suggeriscono qualcosa che solo raramente riusciamo a decifrare tanto è il lavoro che la mente deve affrontare per ricomporne i pezzi?

E così si continua imperterriti, convinti di essere nel giusto. Saloni sempre più grandi, mostre sempre più ostruite. Ma qual'è il fine di questa corsa all'evento? Ve lo diciamo noi: serve a farci ricordare che Raffaello è il più grande artista del Rinascimento maturo, ma senza sapere per quale motivo lo sia stato. Serve a farci ricordare che la Pop Art è un arte "popolare" ma senza alcuna prospettiva semantica, senza alcuna disciplina storico-critica: il volto di Marylin moltiplicato in più versioni rimane il volto dell'attrice più in voga degli anni '60 e per questo apprezzata anche dagli artisti contemporanei. 
Tanto basta per promuovere l'arte. Prendi un immagine, pubblicizzala, rendila famosa, e diventerà un mito.
Quando ritorneremo su una di queste opere, saremo convinti di guardare un opera d'arte con occhio consapevole, certi di contemplare un prodotto artistico dal valore inestimabile, ma semplicemente perché ce lo hanno detto, perché ci hanno convinto, non perché realmente ne abbiamo compreso il significato.

Ne basterebbero due. Si esatto solo due. O magari anche una sola di opera d'arte per scoprire non solo il suo significato ma per ampliare il contesto fino all'infinito, arrendendosi esclusivamente entro i limiti che il curatore si è imposto.
Un confronto tra due sole opere per scatenare tutte le emozioni, i ragionamenti, i rimandi storici, letterari, musicali... qualsiasi elemento trascinante che animi in noi il “senso del bello” (o del brutto).

Quante opere bisogna vedere perché sia chiaro che Caravaggio è stato un pittore del Reale. Cosa guarda il fruitore dell'opera? Davvero vogliamo che egli ricordi solo quello? Come spieghi ad un visitatore i piedi sporchi dei pellegrini o il perché la figura della Vergine sia posta sul ciglio della porta come una prostituta? ....dopo aver visto venti o trenta opere di seguito crediamo davvero che il compito sia meno arduo per loro, che usciti credono soddisfatti di aver compreso ogni cosa solamente per essersi soffermati nei chiaro/scuri del Merisi o nelle sue rughe d'espressione?

Quanti prati, quanti fiori o quanti paesaggi ci servono per comprendere che gli Impressionisti erano interpreti della natura e non reporter accademici? Siamo sicuri che è questo che ci chiede chi guarda? Davvero muore dalla voglia di vedere tele di una ventina di artisti diversi, per poi uscire dal percorso e credere di aver compreso l'impressionismo e la sua svolta modernista solo per aver esclamato parole lusinghiere di fronte alle pennellate di Cézanne? Cosa credete che guardi il visitatore ponendosi di fronte alle Ninfee di Monet [http://www.musee-orangerie.fr/homes/home_id24799_u1l2.htm]...la trasparenza dell'acqua forse?

Chi esce allora ricorderà forse qualche opera qua e là, di certo non sarà facile ricordarne ne i nomi tanto meno gli anni di produzione a meno che quella tela non ci abbia colpito particolarmente. Nei casi più rari ci lanceremo in una costatazione generica che racchiuda in sintesi il nostro percorso, spesso tralasciando, certo inconsapevolmente, il meglio che quella mostra poteva offrirci.

La Gioconda di Leonardo è posta in una parete singola come unico oggetto visibile. Ha ottenuto da sempre un luogo particolarreggiato. La sua collocazione isolata ne amplifica il significato, ne racchiude in sé tutti i segreti ed al contempo permette loro di essere scoperti di volta in volta, sguardo dopo sguardo. Pensate se accanto alla Gioconda si mettesse la Sant' Anna, “e” la Vergine delle rocce, "e” il Giovanni Battista...che senso ha perdere quel fascino solo per poter dire: <<Ci siamo riusciti!. Siamo riusciti a racchiudere i più bei capolavori di Leonardo entro un unica mostra spettacolare.>> Appunto uno spettacolo, ma da circo, e non di quelli migliori.

Non è questa diseducaizone all'arte.
Due opere quindi, se necessario anche una sola. Una mostra indirizzata su qualsiasi tema ma che derivi da pochissimi esemplari, anche da una sola opera d'arte appunto. E più saranno i temi che da essa scaturiscono, maggiore evidentemente sarà l' importanza del pezzo esposto. Chiunque ricorderà quell'esperienza, quell'artista, quel singolo pezzo su cui hanno posato lo sguardo e la mente per cosi tanto tempo come non erano mai stati abituati a fare. Ai curatori l'arduo compito dell'organizzazione espositiva, dopotutto si sono preparati proprio per affrontare sfide come queste.

Mettete Wall in Naples [http://www.nationalgallery.org.uk/paintings/thomas-jones-a-wall-in-naples] di Thomas Jones su di un muro monocromo e non basteranno due cataloghi per scoprire cosa c'è dietro quel piccolo quadretto di soli 11,4 x 16 centimetri. Verrebbe fuori tutta la storia della pittura di paesaggio dal mondo classico sin ai giorni d'oggi.