sabato 9 aprile 2011

Michelangelo e Bernini, dalla Ragione al Sentimento







Faccio riferimento a ciò che spiegai durante il mio esame sul primo modulo di arte moderna, parlando dell'operare di Michelangelo e del suo “ordine d'azione” all'interno della sua ultima produzione scultorea.
Rappresentai come in un sistema di assi cartesiani si potesse palesare il tragitto di lavoro compiuto da Michelangelo scalpellando la materia.
Intento del Buonarroti era, come sappiamo, strappare le sue figure dalla massa marmorea per portarle al di fuori di essa, come 'vittoria' al principio di eterna lotta tra corpo e anima.
Corrispondendo all'asse delle x la materia e quindi il mondo terreno (la materia), e all'asse delle y l'elevazione al divino (in accordo con le concezioni neoplatoniche di allora), è stato possibile determinare la loro risultante in un asse mediana; appunto quella volontà di “liberare” quelle anime dal dramma terreno.
Risultato?...un affascinante e turbolento “non finito”, praticamente un 'non risultato'.

Ora, esattamente un secolo dopo, all'inizio del XVII secolo, Gian Lorenzo Bernini trova una risposta a quel 'non finito' Michelangiolesco, che da tutti fu messo a fuoco come crisi esistenziale dell'artista.

La crisi in effetti ci fu ma era da ricondursi in un contesto di cambiamento;
Un epoca di riforma luterana e di immediata risposta controriformista, in cui le sicurezze rinascimentali andavano man mano scemando per essere definitivamente messe in discussione; e Michelangelo era decisamente un artista del proprio tempo; difficile pensare che ciò non lo riguardasse da vicino.
La sua crisi quindi viene giustificata dal contesto, che si riflette, in arte, nel periodo dagli storici definito come Manierismo, età delle sperimentazioni.

Ma il Barocco cos'è se non l'apoteosi del sentimento. Di un sentimento che si vede uscire dal vincolo della ratio per sfociare nella sua esaltazione più coinvolgente ed entusiasmante, il pathos.

Ecco cosa fa Bernini.
Forte di una cultura manierista, ereditata dal padre Pietro, e attento studioso delle opere classiche e Michelangiolesche, pone fine alle travagliate crisi del Buonarroti, culmine della cultura rinascimentale appena trascorsa, elevando definitivamente il sentimento, quindi l'anima più intima dei personaggi da lui scolpiti, con un dinamismo che comunque rimane in divenire, non è mai statico.

Ecco la definitiva rottura dall' “assolutismo della Ragione”, al “divenire e modificarsi del Sentimento”.
Lo schema cambia, da chiuso nella ragione ad aperto al sentimento.
E', nell'arte della scultura, un evoluzione che parte dalla 'Ragione' del rinascimento, continua col porsi delle domande nel manierismo, le quali ottengono risposta nel 'Sentimento' Barocco.


le immagini:
 

-Il Mosè, Michelangelo ( 1513-1515 circa, Basilica San Pietro in Vincoli a Roma)
-Schiavo che si ridesta, serie dei Prigioni fiorentini, Michelangelo (seconda metà degli anni venti del XVI sec., Galleria dell'Accademia di Firenze)
-Apollo e Dafne, Gian Lorenzo Bernini ( 1622-1625, Galleria Borghese, Roma)