giovedì 29 dicembre 2011

Casorati: L'attesa

“Vorrei saper proclamare la dolcezza di fissare sulla tela le anime estatiche e ferme, le cose immobili e mute, gli sguardi lunghi, i pensieri profondi e limpidi, la vita di gioia e non di vertigine, la vita di dolore e non di affanno”.

(Felice Casorati)

venerdì 11 novembre 2011

L'eredita Pollok-Rotko-Newman aggiornata dall'Espressionista statunitenze Clyfford Still, esce dalla crisi mondiale con una battuta d'asta da 61 milioni di dollari...(10 novembre 2011)

sabato 11 giugno 2011

Sabrina Marconi




Sabrina Marconi..espressione dell'arte libera e liberatoria.
Un raptus casuale ed indecifrabile si scaglia contro la tela.
Il soggeto è l'arte stessa, che viene decomposta e ridotta nelle sue componenti originarie,
materia e gesto.
l'oggetto è l'Es, la sfera istintivo-affettiva che riaffiora libera da convenzioni di tradizione e di formalità.
Un istinto sciolto dalle catene del Super Io e dalla sfera razionale dell'Io.
Il fine della sua arte non è solo l'Arte stessa del gesto, l'atto in sé della creazione; ma si scorge in ciò che vi è tra gesto e impatto con la tela.
In quell'attimo fuggente si esalta il genio di quest'artista, in cui si armonizza pulzione ed azione.
Sabrina non si ferma ad analizzare la sua sensibilità, ma si fa carico delle emozioni e le getta sulla tela secondo leggi del tutto indipendenti dalla volontà della forma...ecco perchè informale.
Ciò che vediamo nelle sue tele è la sua intimità..un intimità che quasi prende forma da sola e che da sola insegna e impara.
Insegna a nutrirsi di passioni e di eccessi, impara l'espressione dell'incoscio.
Non ci sono regole, non ci sono oggetti non ci sono forme proprie.
Non ci sono chiavi di lettura, se vi sono si possono scorgere non nella tela ma nel movimento del fare dell'artista. Carpire anche solo fugacemente gli occhi di un artista presa dall'impeto della comunicazione; rimanerne affascinati e trasportati quasi a volerla imitare.
Restare accovacciati, in silenzio ad ascoltare, nascosti dietro lo spigolo della porta e catturare l'attimo creativo..fotografare nella mente la materia che da un barattolo o da un pennello esce a mezz'aria ed impetuosa e spaventata impatta con la superfice. É li che nasce la magia del dialogo tra materia e superfice.
Le parole che scopriamo sotto il letto della materia sono la prova che Sabrina vuole dirci qualcosa..ma l'Es non si esprime a parole e le ferma prima anocra di esplicarsi.
Colori, sostanza, linee, macchie ed ombre.
Un' inconsapevolezza dell'avvenire. Incoscienza che ricorda gli occhi di un bambino incapace di dare risposte ad una realtà che gli appare nuova per quanto possa essere al contrario consumata.
E' la struttura della mente che si scompone, come l'arte, nelle sue componenti fondamentali e le fa vivere da sole, le rende indiendenti.
Il conflitto della mente, lo stato d'animo di un individuo che allo stesso tempo si rifugia e rivive.


Maimuna


Sin dal principio le sue opere hanno scosso la coscienza di molti, invitando chi guarda a riflettere.
Dietro le sue opere c'è l'espressione di una vita vissuta a metà..libertà negata di una società ottusa e violenta.
Le sue “bambole di pezza” rappresentano null'altro che questo.
Nasce in Pakistan dove impara l'arte del cucire in un convento francescano.
Poi la sua formazione Accademica a Brera, che le permette di avvicinare il mondo della pittura.
Un periodo di isolamento. Cinque anni nella campagna Umbra. Una solitudine necessaria che la porta inesorabilmente a fare i conti con se stessa e a rinnovare la propria espressione artistica affrontando la sua più grande paura. Esorcizza il suo passato, il mondo che ha vissuto per molto tempo, ma torna a farlo con gli occhi di un bambino, non più spaurito ma consapevole.
L'umiltà della creazione si unisce alla sofferenza del ricordo. Un ricordo che è anche attualità.
Bambole di pezza e contatori legati sul petto
Una farfalla imprigionata sul dorso
Un viso straziato da un lamento disperato
Uno sguardo tarpato da un velo nero impenetrabile e prepotente
Bambole che smettono di essere bambole e che diventano vittima, degli altri e di se stesse, di un passato che è ancora presente.
E ancora le mani, aperte quasi in cerca di aiuto, in cerca di speranza.
L'umiltà della tecnica , la grandezza del significato. Un Arte semplice di esprimere se stessa e la propria gente.
Un grido all'infanzia, Il gioco serio dell'arte, in cui gioco e realtà si mescolano, sfociando nell'Opera d'Arte.




Pierpaolo Bandini



L'uso di camere luminose che sovrappongono l'immagine a diversi livelli, permette a Bandini di “esprimere le immagini”...
L'espressione deriva da un esplicita volontà di liberare ciò che è contenuto. L'immagine è il suo oggetto di studio. L'opera diventa risultante di un percorso sofferto e incontenibile. Bandini estrapola le personalità dei soggetti dalla formalità e dall'ipocrisia della forma.
Una ricerca trasversale la sua che lo porta a polemizzare questioni diverse:
Nel SOCIALE:
..con le mani insanguinate sul mondo in una sovrapposizione di positivi e negativi, di buoni e cattivi, bianchi e neri, egli sofferma lo sguardo alto sulle atrocità dell'Uomo; che se da una parte è il primo, lui stesso, oggetto di studio, dall'altra è un entità incontrollabile.
Nella serie del POTRAIT:
..mette la famiglia cristiana come la risultante vittoriosa e sorridente tra lo scontro del San Giorgio e il Drago
..direttori d 'orchestra che escono dall'anonimato e cantando anch'essi, si mostrano finalmente come generatori di musica, ritrovando il primo piano
Nella serie di STORIA, in cui emerge uno scontro 
tra ieri e oggi, tra ciò che è stato e ciò che è, riscattando il passato da un inquietudine tutta sua, ma ponendola a confronto con un mondo peccaminoso e strafottente, in cui un esile cristo deposto risorge in un Fighter pronto ed energico..
..in cui un lamento di dolore diventa un sorriso sfacciato.
In cui la preghiera di una Madonna diventa lo sfogo erotico di un seno mostrato
Eccessi di due epoche differenti ma contingenti. Una moralità che detta legge, un amorale che crea imbarazzo.












Francesco Viscuso



Un attenta elaborazione dell'immagine che cambia sublimandola l'approccio della visione.
Sovrapponendo fotografia e Poesia, Immagine a parole, quali supporto l'uno dell'altro, Viscuso cerca una comunicazione nuova.
La dirompenza delle sue espressioni visive ci mette difronte una realtà cruda, suggestionata dall'attinenza ad una realtà tangibile e non solo immaginativa.
Lo è, dirompente, la serie del “CARNIVAL MOTEL”, in cui immagina un manicomio abitato da personalità malate da monomania del travestimento; lo è la serie JUDGE NOT WHAT IS BEST BY PLEASURE THOUGH TO NATURE SEEMING MEET”, in cui una natura morta, riprende vita accanto alle parole di un antico vangelo giapponese.



La contemplazione di uno stato d'animo che esce dalla convenzione per scoprire la personalità di una società malata che infetta chiunque ci si ponga a confronto.
Si mette in discussione lui per primo, analizza il proprio stato d'animo per offrirlo a colui che sa ascoltare ed ascoltarsi.
Si perchè i suoi lavori non imprimono solo un immagine fissa, ma fuoriescono dal supporto travolgendo colui che le guarda, attonito e sbigottito.
Non ci dà risposte Viscuso perchè non le cerca...questi lavori sono spunto di domanda.
Come mai la società ci ha cambiato così profondamente con i suoi usi e costumi.
Come redimersi dai peccati ed elevarsi ad individui liberi.

Non si pone al di sopra della società fotografandola e restandone fuori, ma entra dentro di essa e le dà un giudizio. Come “artista del proprio tempo” vive la società cui appartiene pur non essendo sua complice.

“Quando una mia immagine comunica agli altri, lì si manifesta la magia di una corrispondenza, di un dono che, nel venire alla luce,ha espresso la sua necessità di condivisione”.

sabato 9 aprile 2011

Michelangelo e Bernini, dalla Ragione al Sentimento







Faccio riferimento a ciò che spiegai durante il mio esame sul primo modulo di arte moderna, parlando dell'operare di Michelangelo e del suo “ordine d'azione” all'interno della sua ultima produzione scultorea.
Rappresentai come in un sistema di assi cartesiani si potesse palesare il tragitto di lavoro compiuto da Michelangelo scalpellando la materia.
Intento del Buonarroti era, come sappiamo, strappare le sue figure dalla massa marmorea per portarle al di fuori di essa, come 'vittoria' al principio di eterna lotta tra corpo e anima.
Corrispondendo all'asse delle x la materia e quindi il mondo terreno (la materia), e all'asse delle y l'elevazione al divino (in accordo con le concezioni neoplatoniche di allora), è stato possibile determinare la loro risultante in un asse mediana; appunto quella volontà di “liberare” quelle anime dal dramma terreno.
Risultato?...un affascinante e turbolento “non finito”, praticamente un 'non risultato'.

Ora, esattamente un secolo dopo, all'inizio del XVII secolo, Gian Lorenzo Bernini trova una risposta a quel 'non finito' Michelangiolesco, che da tutti fu messo a fuoco come crisi esistenziale dell'artista.

La crisi in effetti ci fu ma era da ricondursi in un contesto di cambiamento;
Un epoca di riforma luterana e di immediata risposta controriformista, in cui le sicurezze rinascimentali andavano man mano scemando per essere definitivamente messe in discussione; e Michelangelo era decisamente un artista del proprio tempo; difficile pensare che ciò non lo riguardasse da vicino.
La sua crisi quindi viene giustificata dal contesto, che si riflette, in arte, nel periodo dagli storici definito come Manierismo, età delle sperimentazioni.

Ma il Barocco cos'è se non l'apoteosi del sentimento. Di un sentimento che si vede uscire dal vincolo della ratio per sfociare nella sua esaltazione più coinvolgente ed entusiasmante, il pathos.

Ecco cosa fa Bernini.
Forte di una cultura manierista, ereditata dal padre Pietro, e attento studioso delle opere classiche e Michelangiolesche, pone fine alle travagliate crisi del Buonarroti, culmine della cultura rinascimentale appena trascorsa, elevando definitivamente il sentimento, quindi l'anima più intima dei personaggi da lui scolpiti, con un dinamismo che comunque rimane in divenire, non è mai statico.

Ecco la definitiva rottura dall' “assolutismo della Ragione”, al “divenire e modificarsi del Sentimento”.
Lo schema cambia, da chiuso nella ragione ad aperto al sentimento.
E', nell'arte della scultura, un evoluzione che parte dalla 'Ragione' del rinascimento, continua col porsi delle domande nel manierismo, le quali ottengono risposta nel 'Sentimento' Barocco.


le immagini:
 

-Il Mosè, Michelangelo ( 1513-1515 circa, Basilica San Pietro in Vincoli a Roma)
-Schiavo che si ridesta, serie dei Prigioni fiorentini, Michelangelo (seconda metà degli anni venti del XVI sec., Galleria dell'Accademia di Firenze)
-Apollo e Dafne, Gian Lorenzo Bernini ( 1622-1625, Galleria Borghese, Roma)

giovedì 17 marzo 2011

se fosse Italia...

E' la libertà che si pone come condizione necessaria nel dar vita a quel fenomeno che la Storia dell'Arte chiama col nome proprio di Risorgimento e che identifica lo spirito di mezzo secolo.
La sua traduzione in pittura si esprime nel tentativo di innovare le esperienze culturali conservatrici e quindi di combattere coraggiosamente le istanze di un ormai ripetitivo fare Accademico.
La grande moltitudine di “ correnti scuole regionali o municipali, ciascuna delle quali aspira a porsi come espressione dell'arte italiana” (G.C.Argan) partecipa alla codifica di un sentimento comune condiviso e non più imposto.
Il linguaggio figurativo non sarà più inteso come una questione meramente intellettuale ma dignitosamente popolare.
E allora si riscoprono valori come famiglia patria e fede.
Diventano essi stessi soggetto principale di una poetica che cambia profondamente il sentire comune, traghettando finalmente l'Italia verso quel cambiamento figurativo e culturale auspicato e già avvenuto nel resto d'Europa.

Esponente di straordinaria fascinazione è Domenico Induno, poeta del genere popolare meno noto ai molti ma estremamente capace di rimandare al pubblico i sentimenti fondanti della propria terra.
Le figure rivelano un pronto realismo, il parlottare del popolo è tangibile e manifesta il clamore suscitato dalla pace di Villafranca, lo sfondo è costituito da vecchi edifici civili consumati dalla polvere della guerra ma spesso ornati da fiori e arrampicanti, la luce ci mostra la speranza che qualcosa sta per cambiare.
Quella moltitudine di correnti unite per un fine comune corrisponde alla pennellata minuziosa dell'artista che accosta piccoli grumi di colori gli uni con gli altri, frammentando lo spazio scenico e portando chi guarda a volte ad allontanarlo, perché smarrito in tanto virtuosismo, a volte incuriositi ci porta ad avvicinarlo.
Infondo siamo un po così anche noi...allontaniamo ciò che ci circonda facendo finta di niente finché, pensandoci bene, capiamo di aver sbagliato e ci facciamo perdonare.


immagine
- l'arrivo del bollettino della pace di Villafranca, 1861-62, Domenico Induno, Milano, Museo del Risorgimento

martedì 8 marzo 2011

auguri Beatrice

1599, Beatrice Cenci figlia di Francesco Cenci, nobile romano, condannata a morte assieme ad alcuni suoi familiari perché colpevole dell'omicidio del padre.
Una sentenza esemplare del potere, una pubblica piazza gremita di gente proveniente da ogni dove, pronta a giudicare ciò che non conosce, ma che inevitabilmente si siede a riflettere.
Una vita di abusi quella di Beatrice, segregata in casa subiva inerme le molestie paterne..ascoltava impaurita il gemere prepotente di un padre snaturato e vigliacco.
Incarna allora come oggi parole come libertà giustizia identità alterità
E allora la scelta di questo ritratto.
Si dice che Guido Reni, sia riuscito a ritrarla un attimo prima che fosse condotta a morte.
Uno sguardo che ci impone domande imbarazzanti
Lei un po eroina un po martire,
impaurita e consapevole, offesa ma fiera.
Un volto che ci attraversa, un volto che cerca un aiuto che non arriverà mai, ma che allo stesso tempo pone in se una forza straordinaria e generatrice.
Beatrice Cenci, dice Stendhal, sorpresa con gli occhi languidi, “piangenti calde lacrime” non dette, trattenute.
Rassegnata per la condanna imminente ma consapevole del suo gesto .
Si impari a trattenere lo sguardo su ciò che è meritevole, un quadro una donna.
Al di là di ognuna di esse non ci si ponga limiti, certi di trovare un essere da custodire, non un vanto da possedere


immagine
-ritratto di Beatrice Cenci, Guido Reni, 1599, Galleria Nazionale di Arte Antica, Palazzo Barberini, Roma