Sin dal principio le sue opere hanno
scosso la coscienza di molti, invitando chi guarda a riflettere.
Dietro le sue opere c'è l'espressione
di una vita vissuta a metà..libertà negata di una società ottusa e
violenta.
Le sue “bambole di pezza”
rappresentano null'altro che questo.
Nasce in Pakistan dove impara l'arte
del cucire in un convento francescano.
Poi la sua formazione Accademica a
Brera, che le permette di avvicinare il mondo della pittura.
Un periodo di isolamento. Cinque anni
nella campagna Umbra. Una solitudine necessaria che la porta
inesorabilmente a fare i conti con se stessa e a rinnovare la propria
espressione artistica affrontando la sua più grande paura. Esorcizza
il suo passato, il mondo che ha vissuto per molto tempo, ma torna a
farlo con gli occhi di un bambino, non più spaurito ma consapevole.
L'umiltà della creazione si unisce
alla sofferenza del ricordo. Un ricordo che è anche attualità.
Bambole di pezza e contatori legati sul
petto
Una farfalla imprigionata sul dorso
Un viso straziato da un lamento
disperato
Uno sguardo tarpato da un velo nero
impenetrabile e prepotente
Bambole che smettono di essere bambole
e che diventano vittima, degli altri e di se stesse, di un passato
che è ancora presente.
E ancora le mani, aperte quasi in cerca
di aiuto, in cerca di speranza.
L'umiltà della tecnica , la grandezza
del significato. Un Arte semplice di esprimere se stessa e la propria
gente.
Un
grido all'infanzia, Il gioco serio dell'arte, in cui gioco e realtà
si mescolano, sfociando nell'Opera d'Arte.
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