martedì 15 aprile 2014

“(...) si può ragionevolmente affermare che prima del Settecento non esistesse né una pittura né un arte realmente inglese (...)”


link della mostra: http://www.fondazioneromamuseo.it/it/964.html

La citazione scelta a titolo del post, contenuta entro il testo della Dott.ssa Teresa Calvano Viaggio nel pittoresco Il giardino inglese tra arte e natura, esprime perfettamente il concetto secondo il quale quella grande corsa verso la modernità espressa in maniera così energicamente emozionante nella pittura inglese del Settecento, ed il particolare dai suoi più alti rappresentanti, sarebbe stata vana e priva di fondamenta senza una sua precedente formazione Europea, e più ancora Italiana. Si amplia così la gittata delle più intime rivendicazioni che questa frase esprime. Rivendicazioni che sembrano doverose e che il Prof. Valter Curzi, assieme a Carolina Brook, sembra ribadire nella preziosa ed elegante rassegna museale offerta al pubblico presso il Palazzo Sciarra di via del Corso a partire da questo mese. Roma torna al centro del pensiero artistico Europeo. Fonte d'ispirazione primaria di un risultato, quello Inglese, che guardando al passato e riformulando il presente rivoluzionerà il futuro.

sabato 8 marzo 2014

Volere è Potere

Una meraviglia..il sito di Philippe Daverio i Fiori del Male appare come una summa perfetta di menti egregie...FortissimamenteArte ha trovato un maestro a cui rifarsi e dal quale "rubare" nuovi argomenti per nuove ricerche....Una piattaforma di eccellenza alla quale facciamo tanti auguri!

..notizia flash, Daverio: "proviamo a mandare un messaggio secondo il quale aprire l'Europa al Mediterraneo, così da inserire la questione Israeliano - Palestinese entro una più ampia tematica Europea, nel fermo tentativo di risolverla"...il suo interlocutore, il maestro d'orchestra Daniel Barenboim risponde: "non è affatto una provocazione è piuttosto una cosa intelligente"

giovedì 9 gennaio 2014

incognita sul futuro dell'Arte?

Realtà, Illusione, Religione, Prospettiva, Natura, Ornamento, Storia, Scienza, Luce, Impressione, Colore, Sentimento, Sogno, Spazio, Tempo, Forma, Movimento, Corpo, Memoria, Sensi, Concetto, Materia, Tecnologia, Mercato, Protesta, Politica, Interrelazione....Se stessa.... 
....la Storia dell'Arte.

Dove, verso chi, 
verso cosa rivolgerà ora il suo interesse?

...lo Spirito...




(DNA di Alberto de Braud, Torino, 2003, "Artissima 10")

http://www.albertodebraud.com/exhibit.htm



(Laurel Holloman, 2013, "The Silver Lining", in All the World Inside)

http://www.laurelholloman.net/alltheworldinside.html








lunedì 30 dicembre 2013

NOMACHI Kazuyohi: le vie del sacro al MACRO di Testaccio fino al 4 Maggio 2014

da Steve McCurry a Kazuyohi Nomachi ...il nuovo volto della fotografia contemporanea.
Ancora una bambina, ancora un foto ritratto. Questo scatto di "Nomade Tibetana" datato 1990 compiuto durante un pellegrinaggio del fotografo in Tibet, si manifesta quale sintesi di ricordo e virtù. 

Il ricordo sta nella citazione di "Ragazza Afgana" e appare evidente sia nello sguardo che nei colori, anche se invertiti. Nuovi elementi si scoprono nella maschera del viso, nelle semplici decorazioni in pietra della capigliatura nascosta sotto una grande pelliccia nera. Piccoli strumenti d'indagine ed allo stesso tempo indizi pronti a svelare qualcosa di più. 
Il fondo diventa bianco, cambia il contesto, cambiano le abitudini, il clima diventa una componente essenziale. Sarà questo a condizionare l'atteggiamento del soggetto.




E' scomparso lo spavento che suggerivano gli occhi di Sharbat Gula, segnata dagli eventi della rivolta mussulmana contro l'occupazione sovietica e dalla permanenza entro il campo profughi di Peshawar. 
Ora è il freddo a donare a questa giovane donna un motivo per lottare, per vivere. Si cosparge il viso di una sostanza protettiva, copre il capo con un cappello pesantissimo durante le lunghe traversate nelle distese del nord. Piccole azioni necessarie che tuttavia la rendono parte attiva e non passiva della sua vita. 

...può però un briciolo di speranza definirsi fortuna? 

martedì 17 dicembre 2013

nuova agenda culturale 2014: tra ARTE & SOCIALE








Agenda Cultura 2014 nasce dall’idea di riunire in un’unica agenda a pagine doppie settimanali tutte le mostre e gli eventi culturali, spaziando dall’arte al cinema, dai festival letterari alla musica, dal teatro alle feste e tradizioni popolari, non dimenticando gli anniversari, i premi, le festivita’ religiose, le principali fiere, un po’ di enogastronomia e curiosità varie (i siti italiani riconosciuti patrimonio dell’Unesco, i musei piu’ visitati, le giornate promosse dall’Onu o dall’Unesco, quelle previste da leggi italiane e quelle non ufficiali). Un’agenda per chi si interessa di cultura o si occupa di turismo o anche il semplice curioso, ma soprattutto un’agenda per finanziare la ricerca scientifica e portare avanti i progetti della Fondazione Vertical Onlus per la cura delle lesioni spinali.

Per informazioni circa l’acquisto dell’agenda potete scrivere alla mail info@agendacultura.it. Sono previsti sconti per ordini multipli. E’ possibile anche una versione personalizzata (dalle 25 copie in su) con 4-8 pagine dedicate alla pubblicità dell’Azienda, Ente o Attività, o ad un messaggio personale per i privati. Potrete realizzare un regalo di Natale personalizzato, originalissimo, con contenuti culturali e con una vocazione sociale importante. Fai un "gift" intelligente con Agenda Cultura 2014!




domenica 15 dicembre 2013

Amnesty International: quando le parole non servono...più.

"Amnesty International presenta in Svizzera la nuova campagna di sensibilizzazione outdoor creata dalla Walker Werbeagentur Zuerich. La campagna utilizza lo slogan  IT'S NOT HAPPENING HERE, BUT IT IS HAPPANING NOW", tradotto in varie lingue, dal francese al tedesco. Utilizzando i cartelloni trasparenti, la campagna mira a mostrare alla gente quello che sta succedendo nel mondo, anche se non sta accadendo davanti a loro alla fermata dell'autobus. Gli annunci ritraggono problemi in paesi come l'Iraq, Cina e Sudan." Per saperne di più su http://www.walker.ag/2006/05/03/es-geschieht-nicht-hier-aber-jetzt-3/







giovedì 12 dicembre 2013

le Mostre?..meno male che ci sono, meno male che interessano..purché insegnino qualcosa

FortissimamenteArte propone un nuovo modo di intendere “mostra” .
Se davvero crediamo nel potere educativo dell'arte allora che lo si comprenda fino in fondo.
Basta con queste mostre “contenitore”.

Celebratissimi dalle istituzioni e attentamente monitorati dalla critica, questi “contenitori d'arte” prosperano indisturbati sin dalla notte dei tempi. Acclamate fino allo sfinimento dai fan del mito (ora Caravaggio ora gli Impressionisti) queste mostre, che prima traevano la propria ragion d'essere dalla necessità di sensibilizzare l'opinione pubblica, ora permangono in uno stallo perenne che non permette loro di uscirne finalmente rinnovate.

Quale bisogno c'è, se non per far cassa e confondere ulteriormente le idee a chi guarda, di riempire sale e sale di Musei pubblici o privati di opere, tanto numerose da sembrare una collezione di suppellettili piuttosto che di opere d'arte.
Davvero crediamo che il numero sia più importante del senso?
Crediamo davvero che passando di fronte ad una boutique con dieci capi esposti in un unica vetrina, questi suscitino maggior ammirazione o curiosità di un solo abito, indossato da un solo manichino, isolato in uno spazio circostante interamente pensato per lui?

Come un capo racconta in se tutta la perizia e l'amore che c'è dietro il suo concepimento, così l'opera contiene in sé tutta la creatività ed il bagaglio di idee che l'hanno generata.

Ricordateci qual'è la differenza tra un capo artigianale ed un prodotto commerciale?
Ricordateci qual'è la differenza tra un opera d'arte ed un poster?

Soddisfare il gusto abbietto e meschino di un epoca male educata e ostinatamente arrogante come la nostra, è diventato più importante dell'opera stessa; l'allestimento, la pubblicità, il mito dell'artista maledetto, più importante del suo risultato artistico. Un ego sconfinato di una civiltà corrotta dall'eccesso e da una sicurezza straripante. (la crisi ci ha reso meno eccentrici ma è una forzatura non lo siamo diventati realmente)
Provate a parlare con le persone e contate quante volte la parola “io” esce dalle loro frasi, dai discorsi di qualsiasi genere. Sommate “io” ad ogni “io” precedente e comporrete un saggio composto solo da quelle due vocali che ripetendosi all'infinito riempiranno pagine e pagine di nulla.

E chi sta concorrendo a dimostrare questa "diseducazione" collettiva? Non gli imprenditori, ne la gente comune, ma i suoi protagonisti: artisti, curatori, soprintendenti, professori... Proprio gli addetti ai lavori lanciano mostre esplosive, come petardi ad orologeria dalla gittata incalcolabile. “Caravaggio” , “Gli Impressionisti”, "Andy Warhol" ...più il tema e generico o nel caso delle monografie più appetitoso, maggiore è il numero di opere raccolte al suo interno. Milioni di carte scritte dai più quotati curatori, esperti, collezionisti, intenditori, operatori d'asta, riviste specializzate, accademici, utenti internet, pagine web, blog a tema (questo compreso), istituzioni pubbliche, uffici stampa, tutto il mondo dell'arte, quel mondo che secondo Danto [http://www.marinotti.com/arthur-danto/oltre-il-brillo-box] avrebbe lui solo il diritto di elevare un opera al suo status di opera d'arte, si muove freneticamente attorno a queste super mostre nella speranza di compiere l'evento, la mostra record, sia in termini di botteghino che per opere esposte.


Non ci rendiamo conto che chiunque visiti il percorso di una mostra rimane ancor più disorientato di quando non lo fosse prima di entrare?
Non ci rendiamo conto che le sensazioni suscitate suggeriscono qualcosa che solo raramente riusciamo a decifrare tanto è il lavoro che la mente deve affrontare per ricomporne i pezzi?

E così si continua imperterriti, convinti di essere nel giusto. Saloni sempre più grandi, mostre sempre più ostruite. Ma qual'è il fine di questa corsa all'evento? Ve lo diciamo noi: serve a farci ricordare che Raffaello è il più grande artista del Rinascimento maturo, ma senza sapere per quale motivo lo sia stato. Serve a farci ricordare che la Pop Art è un arte "popolare" ma senza alcuna prospettiva semantica, senza alcuna disciplina storico-critica: il volto di Marylin moltiplicato in più versioni rimane il volto dell'attrice più in voga degli anni '60 e per questo apprezzata anche dagli artisti contemporanei. 
Tanto basta per promuovere l'arte. Prendi un immagine, pubblicizzala, rendila famosa, e diventerà un mito.
Quando ritorneremo su una di queste opere, saremo convinti di guardare un opera d'arte con occhio consapevole, certi di contemplare un prodotto artistico dal valore inestimabile, ma semplicemente perché ce lo hanno detto, perché ci hanno convinto, non perché realmente ne abbiamo compreso il significato.

Ne basterebbero due. Si esatto solo due. O magari anche una sola di opera d'arte per scoprire non solo il suo significato ma per ampliare il contesto fino all'infinito, arrendendosi esclusivamente entro i limiti che il curatore si è imposto.
Un confronto tra due sole opere per scatenare tutte le emozioni, i ragionamenti, i rimandi storici, letterari, musicali... qualsiasi elemento trascinante che animi in noi il “senso del bello” (o del brutto).

Quante opere bisogna vedere perché sia chiaro che Caravaggio è stato un pittore del Reale. Cosa guarda il fruitore dell'opera? Davvero vogliamo che egli ricordi solo quello? Come spieghi ad un visitatore i piedi sporchi dei pellegrini o il perché la figura della Vergine sia posta sul ciglio della porta come una prostituta? ....dopo aver visto venti o trenta opere di seguito crediamo davvero che il compito sia meno arduo per loro, che usciti credono soddisfatti di aver compreso ogni cosa solamente per essersi soffermati nei chiaro/scuri del Merisi o nelle sue rughe d'espressione?

Quanti prati, quanti fiori o quanti paesaggi ci servono per comprendere che gli Impressionisti erano interpreti della natura e non reporter accademici? Siamo sicuri che è questo che ci chiede chi guarda? Davvero muore dalla voglia di vedere tele di una ventina di artisti diversi, per poi uscire dal percorso e credere di aver compreso l'impressionismo e la sua svolta modernista solo per aver esclamato parole lusinghiere di fronte alle pennellate di Cézanne? Cosa credete che guardi il visitatore ponendosi di fronte alle Ninfee di Monet [http://www.musee-orangerie.fr/homes/home_id24799_u1l2.htm]...la trasparenza dell'acqua forse?

Chi esce allora ricorderà forse qualche opera qua e là, di certo non sarà facile ricordarne ne i nomi tanto meno gli anni di produzione a meno che quella tela non ci abbia colpito particolarmente. Nei casi più rari ci lanceremo in una costatazione generica che racchiuda in sintesi il nostro percorso, spesso tralasciando, certo inconsapevolmente, il meglio che quella mostra poteva offrirci.

La Gioconda di Leonardo è posta in una parete singola come unico oggetto visibile. Ha ottenuto da sempre un luogo particolarreggiato. La sua collocazione isolata ne amplifica il significato, ne racchiude in sé tutti i segreti ed al contempo permette loro di essere scoperti di volta in volta, sguardo dopo sguardo. Pensate se accanto alla Gioconda si mettesse la Sant' Anna, “e” la Vergine delle rocce, "e” il Giovanni Battista...che senso ha perdere quel fascino solo per poter dire: <<Ci siamo riusciti!. Siamo riusciti a racchiudere i più bei capolavori di Leonardo entro un unica mostra spettacolare.>> Appunto uno spettacolo, ma da circo, e non di quelli migliori.

Non è questa diseducaizone all'arte.
Due opere quindi, se necessario anche una sola. Una mostra indirizzata su qualsiasi tema ma che derivi da pochissimi esemplari, anche da una sola opera d'arte appunto. E più saranno i temi che da essa scaturiscono, maggiore evidentemente sarà l' importanza del pezzo esposto. Chiunque ricorderà quell'esperienza, quell'artista, quel singolo pezzo su cui hanno posato lo sguardo e la mente per cosi tanto tempo come non erano mai stati abituati a fare. Ai curatori l'arduo compito dell'organizzazione espositiva, dopotutto si sono preparati proprio per affrontare sfide come queste.

Mettete Wall in Naples [http://www.nationalgallery.org.uk/paintings/thomas-jones-a-wall-in-naples] di Thomas Jones su di un muro monocromo e non basteranno due cataloghi per scoprire cosa c'è dietro quel piccolo quadretto di soli 11,4 x 16 centimetri. Verrebbe fuori tutta la storia della pittura di paesaggio dal mondo classico sin ai giorni d'oggi.







mercoledì 13 novembre 2013

Bacon compie "il sorpasso"... Urlo di Munch alla notizia!!!


Solo qualche ora fa la notizia: 142,4 milioni di dollari per l'opera d'arte più pagata di sempre, battuta all'asta dalla Christie's di Manhattan. "Three Studies of Lucien Freud". Acquirente ignoto.
Una competizione che non smette di sorprendere quella tra le due Case d'asta inglesi: Christie's e Sotheby's.
Christie's regge il primato anche nel settore delle vendite private, totalizzando circa un 26% contro il +11% della rivale (luglio 2013)...to be continued...






sabato 31 agosto 2013



Ammetto con dovuta cautela...che l'adoperarsi per l'Arte nuova, l'Arte dei Moderni, finisce per promuovere i Sensi e indebolire la Sapienza. E' sempre intelletto non c'è che dire, ma l'uno diventa istinto, l'altro ritrova perizia.





giovedì 1 agosto 2013

PER UN PENSIERO COSTRUTTIVO

Il pensiero, le opinioni, l'intero dibattito pubblico hanno sempre avuto una pretesa ben precisa: la pretesa dell'esclusività. Essi reclamano l'esclusività di una verità globale. Confrontano la propria verità con chi li ha preceduti o anticipati. Polemizzano su quali siano le falle di una tesi. Annullandone l'essenza mediante sapienti attacchi verbali, tentano poi di impossessarsi dello spazio ora disponibile. Se questa ipotesi è sbagliata, ora la mia può prendere il suo posto e porsi come definitiva!

Espressioni di un pensiero sempre diverso, spesso contrapposto e comunque parallelo. L'incidenza della dialettica, sia essa riferita in ambito politico, economico o culturale, non viene mai contemplata. Il bipolarismo della guerra fredda ora si trasforma in un bipolarismo di opinione. L'eterno scontro dei contrapposti, a partire da tempi molto più lontani, ci ha reso fieri delle nostre idee, ben disposti a compiere delle scelte che si schierassero a favore di una o di un'altra tesi. Bello o brutto, buono o cattivo, bene o male, bianco o nero...l'uno esclude sempre l'altro. Ma se è vero che la verità sta nel mezzo, e che il giusto è l'equilibrio tra le relazioni che questi opposti esprimono, allora viene spontaneo riflettere una volta di più.

L' intenzione di questo intervento non è certo esplorare delle argomentazioni scontate. Non certo rispolverare la saggezza spicciola del buon predicatore, ma come sempre, porvi una questione ulteriore. Tento sempre di fare un passo avanti.

Se il dibattito degli opposti, questa che abbiamo chiamato “guerra fredda delle idee”, si sganciasse dalla logica del torto o ragione, e arrivasse a sfruttare esclusivamente la parte più sana e meno categorica del suo significato, allora proprio questa parte, la pancia del discorso, il germe di quella che sarà la tesi compiuta, potrebbe essere sfruttata a pieno da chi viene dopo.

Un patto della logica espressiva che tenga necessariamente conto di ciò che la precede, dando vita ad una risultate nuova, compiuta, ma sempre aperta ad ulteriori passi avanti.
Aggiungere e non sottrarre è quindi il fine ultimo.
Proprio con questo atteggiamento si arriva al processo costruttivo. Si sostituisce finalmente quello distruttivo generato dalla contrapposizione degli opposti, per instaurare una forma mentis propositiva, compiuta nel significato ma aperta verso il futuro.


Cosi, in riferimento alla statua di Giovanni Paolo II dell'artista abruzzese Rainaldi, se da una parte l'Osservatorio Romano critica l'opera asserendo che essa “pecca di una scarsa riconoscibilità”, dall'altra opinione della Sovrintendenza risponde: “è un opera contemporanea e come tale non si giudica mai”.....




Come vediamo il dibattito si gioca sempre su giusto o sbagliato, su bello o brutto, su idoneo o non idoneo. Non vi sono punti di giuntura, non alcuna visione condivisa.

Certo che è necessario salvaguardare la libertà d'opinione!
Ma ogni cosa ci è stata insegnata, e se nel tempo provassimo a pensare diversamente, in maniera costruttiva appunto, potrebbe nascere un nuovo linguaggio, che sfruttasse entrambe le opinioni, e non ne isolasse alcuna.
Fornire nuovi punti di vista, accogliendo le istanze precedenti come fossero nutrimento non escrezioni.
Atteggiamento altruista, espressione costruttiva, apertura ad un' altra opinione che dalla prima prenda sempre origine.


.....in entrambe le frasi dell' esempio precedente c'è un fatto incontestabile. La statua del Beato è un opera d'arte. Il solo fatto che essa semplicemente "sia", pretende la presa in considerazione dell'oggetto. Essa ha già assecondato il suo unico dovere, ha sollevato polemiche, ha posto domande, ha creato riflessione, ha suscitato emozioni.


Credete davvero che le smorfie di Brueghel il Vecchio siano state accettate senza riserva dall'opinione pubblica. Umberto Eco a proposito ha reso giustizia al tema del "Brutto" come mai si era fatto prima. Anche questo ha un suo fascino, e non ammetterlo sarebbe come pretendere che la notte non ne abbia uno tutto suo.
Proprio Umberto Eco ricorda, “Bellezza e Bruttezza non sono definibili, poiché cambiano con il cambiare del tempo(...) nessuno di noi avrebbe oggi invitato a cena una donna di Rubens”. Già il solo trasformare due parole come Bello e Brutto in concetti quali Bellezza e Bruttezza, è una grande indicazione che ci viene fornita, sia in senso estetico che espressivo. Rieducare la riflessione?...credo di si, credo si tratti proprio di questo!



…..riferendosi all'esempio sull'opera di Papa Giovanni II, “Conversazioni”, il suo assunto principale, il germe dal quale diramano le opinioni suscitate è: “la statua di Papa Wojtyla è un'opera d'arte”...questo assunto non ha bisogno di opinioni o di prese di posizioni, è un fatto innegabile, e per questo incorruttibile.
Se dalle due opinioni, cosi contrastanti tra di loro, abbiamo ottenuto un risultato univoco, è plausibile pensare che se ne aggiungessimo delle altre, anch'esse come le prime contrastanti, potremmo ottenerne uno nuovo, ugualmente univoco ed incontestabile....

A.         Osservatorio Romano: una scultura singolare, squarciata dal vento che la fa somigliare a una tenda aperta
o, come ha detto qualcuno, a una campana"

B.      O.Rainaldi: “Conversazioni è sottolineare la personalità del Papa, uomo del dialogo, un esempio
di natura spirituale umana forte, incarnato(...) esprime il dialogo (...) il mantello esprime accoglienza”

Anche su di esse ora interveniamo con una prospettiva costruttiva. Potremmo così avere:

“la Statua di Papa Waytila è un'opera d'arte Contemporanea. Un'opera singolare, somigliante ad una
tenda aperta, un esempio di dialogo ed accoglienza”

Così facendo la risultante è un opinione congiunta, tiene conto di entrambe le congetture, ma senza che queste si annullino a vicenda. Anzi, nel loro incontro hanno dato vita ad un assunto più complesso, non categorico e certamente non chiuso...da forma chiusa l'espressione diviene aperta..aperta ad una seconda applicazione del metodo costruttivo.

Vorrei non seguissimo più il processo mentale dell'opinione singola ed emarginante, ma multipla, dinamica e propositiva.

Accogliendo questo metodo il pensiero potrebbe esserne influenzato, imparando anzitutto a riflettere su ciò che ascoltiamo, che vediamo, ad individuare l'elemento migliore e ad accettare le proposte dell'altro senza chiuderci nel vanto dell'Io assolutista.

La Verità invece è sempre diversa. Non cambiamo noi. Facciamo anzi in modo che le cose cambino al posto nostro...è certamente più facile.



sabato 6 luglio 2013

exemplum virtutis...per un ritorno educativo

Getto le basi per quello che credo possa essere considerato un ottimo punto d'inizio per ricollocare finalmente l'Arte all'interno del substrato sociale in cui si esprime:

1. Contare qualcosa nel riassetto delle istanze Etiche, Civiche e Morali di cui oggi si è, io per primo, orfani.
2. Sanare il più possibile quello che ritengo essere un vuoto perpetuo sostenuto dall'arte "alta", da quando essa si rese "moderna", sino al punto di non ritorno.

Un punto di estremo interesse nella situazione artistica attuale.
Presi già ad evidenziare il rapporto esistente tra Arte ed Educazione durante una piccola parentesi critica di non molti mesi fa, sempre qui, sulla finestra di FortissimamenteArte...

..."capita che l'arte, a volte, debba scendere dal podio intellettuale ed isolazionista in cui si è rifugiata per vanteria e snobbismo, ed entrare quindi in collisione con le istanze della vita reale, che peraltro l'hanno generata. Istruire le masse, tornare a farle diventare individui consapevoli e non più entità sommaria. Non è purtroppo una costatazione ma un vivo auspicio."

...per adempiere al proprio dovere (ammettendo che ne debba avere uno), non è necessario che l'arte si riduca ad "arte del popolo". Estremamente significativo basterebbe essa si proponesse come "arte per il popolo". Manterrebbe così il suo status di materia elitaria, poiché espressamente derivante da nozioni interdisciplinari, senza per questo porsi come arrogante o superba.

Il senso di frustrazione che deriva dall'incomprensione dell'oggetto che si ha difronte, sia esso empirico o performativo, non solo annulla la ricchezza che da esso può scaturire, ma in molti casi, e per certi aspetti in maniera più pericolosa, generare ritrosia e totale disinteresse per qualsiasi forma artistica venga proposta. Vedere quanti provano a dare una propria interpretazione del fatto artistico a cui si rivolgono con perseverante speranza, genera una pena infinita nell'animo di chi crede nel potere istruttivo dell'Arte.

Dall'alto delle loro Cattedre, gli intellettuali godono nel vedere lo smarrimento della folla che plaude inconsapevole. Non rendendosi conto che quelle cattedre sono riconosciute solo ed esclusivamente da chi quell'arte l'ha compresa, e comprendendo questa riconosce gli studiosi più brillanti e maggiormente intuitivi. Se ora quegli stessi intellettuali perseverano in questo arroccamento snobbista, vedranno allontanarsi anche chi li ha confermati come punti di riferimento. E' un rischio verosimile.

L'Arte viene spesso vista, ma mai contemplata, segno che nessuno sente di imparare da essa.
Per chi si è nutrito dei suoi insegnamenti, questa sì, è un amara costatazione
          
il tema di "Galatea e Pigmalione": nella speranza che l'arte torni viva

All'Italia....1818 o 2013 (?)




O patria mia, vedo le mura e gli archi 
e le colonne e i simulacri e l'erme 
Torri degli avi nostri, 
Ma la gloria non vedo, 
Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi 
I nostri padri antichi. Or fatta inerme, 
Nuda la fronte e nudo il petto mostri. 
Oimè quante ferite, 
Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,
 Formosissima donna! Io chiedo al cielo
 E al mondo: dite dite; 
Chi la ridusse a tale? E questo è peggio, 
Che di catene ha carche ambe le braccia; 
Sì che sparte le chiome e senza velo 
Siede in terra negletta e sconsolata, 
Nascondendo la faccia 
Tra le ginocchia, e piange. 
Piangi, che ben hai donde, Italia mia, 
Le genti a vincer nata 
E nella fausta sorte e nella ria.

venerdì 7 giugno 2013

"L' oggetto smarrito" nel Tributo di Masaccio?....


...E' una domanda che Vi rivolgo.

Siamo nella Cappella Brancacci, nella Chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze.
Artista: Masaccio
Tema: il pagamento del Tributo al Tempio di Cafarnao
Fonte: Vangelo secondo MATTEO (17:24 - 27)

Venuti a Cafarnao, si avvicinarono a Pietro gli esattori della tassa per il tempio e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa per il tempio?». 25 Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re di questa terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli altri?». 26 Rispose: «Dagli estranei». E Gesù: «Quindi i figli sono esenti. 27 Ma perché non si scandalizzino, va' al mare, getta l'amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d'argento. Prendila e consegnala a loro per me e per te».
All'interno della scena del tributo di Masaccio, durante i tre movimenti base che solitamente siamo chiamati (noi fruitori) a compiere contando i tre piani prospettici cui l'affresco è diviso, la presenza/ assenza di un bastone ha generato in me uno stato improvviso congiunto di paura ed eccitazione. Paura perché credevo sbrigativamente non potesse essere altro che un errore; eccitazione al solo pensiero potesse rivelarsi un osservazione plausibile.


E' possibile dubitare sulla presenza/assenza di un bastone, che se nella scena di destra si mostra palesemente, non compare affatto nell'immagine centrale in primo piano?

Alcune riflessioni in merito:

1-
l'esattore di destra, mostra un atteggiamento posturale pienamente giustificato dalla presenza di questo bastone:

  • la gamba destra è forte e rigida per sostenere il peso del corpo;
  • la gamba sinistra è piegata e rilassata essendo realmente priva di occupazione motoria;
  • la spalla sinistra si alza sopra la linea del mento, invitando chi guarda a notare lo sforzo che il personaggio compie nel poggiare il suo peso sul bastone;
  • la mano destra si apre di fronte a Pietro nell'intento di ottenere il pagamento richiesto.


Ripercorrendo specularmente gli stessi atteggiamenti posturali, notiamo che anche la figura dell'esattore centrale potrebbe aver bisogno dello stesso oggetto:

  • La spalla destra ora è alta all'altezza del collo;
  • la spalla sinistra rilassata perchè coinvolta nel solo gesto del tendere la mano in forma conversativa;
  • la gamba sinistra e adesso rigida perchè è su di lei che il bilanciamento posturale fa riferimento;
  • la gamba destra è flessa, mimando perfettamente il contrapposto precedentemente analizzato.


Se non un bastone cosa potrebbe effettivamente stabilizzare la figura principale, in un bilanciamento posturale tanto azzardato?...Vi svelo che vedo l'esattore lentamente cadere e stendersi pesantemente al suolo!
In più mi chiedo, nel caso non si trattasse di un problema di deambulazione ma di una gobba quale malformazione genetica, ugualmente non dovrebbe servirsi di un bastone?

2-
Sappiamo che la differenza prospettica principale delle tre scene di cui l'affresco si compone è certamente evidenziata da una diversa dimensione dei personaggi. Il primo piano è di dimensioni visibilmente maggiori rispetto a quelli in seconda ed in terza scena.


Nelle immagini che propongo, tento di argomentare questa riflessione mediante dei semplici calcoli dimensionali lungo due direttrici base:

figura A: la distanza che intercorre tra il punto più alto della testa e il punto più basso del tallone del piede di sinistra
figura B: la distanza che intercorre tra il punto più alto della testa ed il punto più basso del tallone del piede destro

Le due distanze (prese in semplice formato "Paint"), permettono non solo di definire una distanza accettabilmente precisa, ma di determinarne anche l'inclinazione*.

(*L'inclinazione che Paint ci offre è di -37. Se volessimo ovviare all'orientamento del bastone potremmo avere quindi le giuste coordinate e sapere dove cercare)

figura A:     FA= 599
figura B:     FB= 566

Sottraendo la prima con la seconda misura avremo lo scarto dimensionale tra la prima e la seconda figura.
Il risultato è 33. (sottolineo la divertente casualità del numero)
Aggiungendo ora alla misurazione del bastone della figura B il 33 come misura di scarto, possiamo ottenere un numero che sarebbe probabilmente riferibile (con le ovvie cautele) alla lunghezza del bastone della figura centrale A

bastone figura B:     bFB= 289
bastone figura A:     bFA= 289 + 33= 355

Questi sono elementari calcoli per giustificare semplicemente un aumento della lunghezza del bastone della figura A relativa alla differenza prospettica adottata dall'autore.



Ora la domanda finale: durante i  lavori di restauro degli anni '80 dell' èquipe della Dott.ssa Pinin Brambilla, si potrebbe non aver preso in considerazione la presenza di un secondo bastone che reggesse il peso della figura dell'esattore centrale? E' possibile costatare l'assenza di "oggetto smarrito" all'interno della scena del Tributo?

Anche fosse stata una banale illusione è stato bello sognare insieme a Voi... in fondo l'arte non imita mai la realtà senza svelarne qualche piccolo segreto.


Simone Lombardo

mercoledì 3 aprile 2013

Ipotesi per una nuova Iconografia della Pietà: La Chiesa nelle braccia del Cristo misericordioso




Nonostante lo stallo della Chiesa Cattolica sembri già scongiurato dall'annuncio del nuovo pontificato di Papa Francesco, il dibattito contemporaneo non dimentica certo le recenti dimissioni di Benedetto XVI. E mentre un Papa se ne va, tornando umile servitore, un umile servitore arriva e diviene Pontefice, portando con se una ventata di speranza che genera ristoro nell'animo degli uomini di buona volontà. Non è solamente questione di fede ma anche di cambiamento, di ritrovata speranza per chi come me ha scelto consapevolmente una vita laica. La mia riflessione parte da qui. Inizia con l'insicurezza di chi questa fede l'ha persa, o forse semplicemente dimenticata, fino ad arrivare a chi quella stessa fede vede ora rifiorire sotto l'annuncio del suo discepolo prediletto, “Fratelli e Sorelle, Buonasera!” In questo contesto propongo un'idea, la mia idea, un'immagine vagamente familiare ma che provoca strane titubanze. E' il Cristo? E' davvero possibile sia proprio il Cristo a reggere ora la Vergine? E' davvero venuto il tempo per questo nuovo Mondo? Il tempo in cui finalmente il Cristo risorge, come nelle più vive speranze del dogma cattolico, quando recita la sua messa: 

 “ …per noi uomini e per la nostra Salvezza / discese dal Cielo, / e per opera dello Spirito Santo/ si è incarnato nel seno della Vergine Maria/ e si è fatto uomo./ Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato,/ morì e fu sepolto. /Il terzo giorno resuscitato,/ secondo le scritture, /è salito al Cielo …/ E di nuovo verrà, nella gloria, …”. 

E’ questo il tempo di una “Pietà Capovolta” o meglio di una “Pietà della Speranza”, dove Cristo sostiene la Vergine, la Chiesa del nuovo millennio rinnovata secondo la volontà del Santo Padre? Se fino ad oggi la Pietà Vaticana di Michelangelo Buonarroti ha reso merito alla tradizione iconografica Cristiana cara al “Compianto del Cristo morto”, in questa nuova ipotetica rappresentazione, che è una sua evidente riformulazione, i ruoli si invertono, e nel mostrarsi di nuovo, rinascono e generano speranza. Il volto del Cristo morto della Pietà cinquecentesca riprende vita. La pacatezza della Vergine Maria si trasforma in un lamento straziante (cit. estasi Beata Ludovica Albertoni, Bernini, 1674 ). Come non riconoscere nel lamento l'incapacità clericale di sbrigliarsi da situazioni imbarazzanti? Uno sfogo di redenzione quasi per allontanare peccati ed inquietudini ormai evidenti. Ma se questo suono muto scuote lo sguardo di chi guarda, tuttavia non turba lo sguardo sereno del Cristo, che qui di nuovo consapevole, risponde al lamento mediante un'espressione di ritrovata Grazia. Un monito per chi quel ruolo di Salvatore lo ha fortemente cercato. Un monito per chi vedeva la Pietà da un solo punto di vista; per chi ancora credeva che quella immagine non potesse esser cambiata, ne tanto meno capovolta nel suo significato più profondo. Questa volta Pietas, non è più solamente “un sentimento di commossa ed intensa partecipazione” che la Madre rivolge al Figlio, bensì ancor più un sentimento reciproco di un figlio che ricambia finalmente il gestoamorevole di una madre affettuosa. In questo senso la fruizione dell'immagine spazia all'infinito seguendo le due direttrici guida, amore e sofferenza. 

Ad ogni modo, rimanendo entro i confini della dottrina Cattolica, il Cristo, figlio di Dio, che nella Pietà di Michelangelo era morto e sostenuto in grembo dalla Vergine Maria, ora al contrario risorge e tenendo cautamente la Vergine su di se mostra la sua Misericordia. Non si intende stravolgere la figurazione ma semplicemente capovolgerne il punto di vista. Un capovolgimento semplice ma che, lungi dall'essere innocente, poiché turba prepotentemente le fondamenta della Pietà tradizionale, almeno nelle forme dei numerosi rifacimenti che la Storia dell'Arte ci ha generosamente regalato (oltre alla moltitudine di dipinti che si susseguono in ogni epoca, penso ad opere di particolare rielaborazione del tema come a quella “Pietà degli stracci” di Guerra de la Paz, o a quella iperrealista e molto discussa di Choi Jin- Ah del 2012, oppure a quella fotografica di Sam Tylor-Wood del 2001). Un capovolgimento inedito che diventa sia iconografico che formale, sia teologico che filosofico. Ora non è più la Chiesa a tenere in grembo il Cristo, ma essa stessa ad aver bisogno del suo sostegno. Non si prega più perché il Cristo risorga, poiché il miracolo della Resurrezione è ormai avvenuto. 

Anche il fattore temporale sembra giustificare l'esistenza di un nuovo punto di vista, poiché quando i Testi proclamano “il terzo giorno”, esso potrebbe riflettere materialmente l'avvento del Terzo Millennio, o di una possibile Terza Repubblica, o addirittura della Terza Età di quel mondo nuovo tanto atteso.

Roma Mercoledì 3 Aprile 2013
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Simone Lombardo

venerdì 15 febbraio 2013

anche FortissimamenteArte a sostegno del Film "Girlfriend in a coma"..


..non già perchè ci fa piacere ricevere consigli, non già perchè incapaci di riflettere noi stessi, ma soprattutto perchè incapaci di reagire...NON E' POLITICA...LA CENSURA DEL MAXXI E' FACILMENTE DEFINIBILE COME UNO SBAGLIO DI INCOMPETENZA STORICA, prima ancora che morale..sbagli che già sono stati evidenziati lungo TUTTA la Storia della Cultura.



Se la Storia ci ha insegnato qualcosa è che le censure non arginano l'impatto dirompente delle idee, anzi, ne accrescono la gittata.

Ma perchè proprio al Maxxi? Perchè si voleva cominciare dalla riflessione sull'arte..dalla materia cui più ci compete

L'aver promosso la proiezione del FIlm "Girlfriend in a coma" avrebbe sicuramente reso merito al Maxxi di esser stato in grado, sponte propria, di ergersi quale trascinatore di una "nuova Rinascenza" Culturale e Morale di cui questa Signora, l'Italia, da troppo tempo ha ormai bisogno.

giovedì 7 febbraio 2013

Conferenza su Paul Klee del Prof. Giuseppe Di Giacomo



Conferenza tenuta dal Prof. Giuseppe Di Giacomo, invitato dai curatori Tulliola Sparagni e Mariastella Margozzi in riferimento ovviamente alla sua vasta competenza e al saggio “Introduzione a Klee” scritto nel 2005. Insegna Estetica presso la Facoltà di Filosofia dell' Università la Sapienza di Roma.

Autore anche di un testo fondamentale nel panorama storico critico e filosofico internazionale come “Alle Origine dell'opera d'arte Contemporanea” pubblicato in collaborazione con Prof. Claudio Zambianchi, docente di Storia dell'Arte Contemporanea nel medesimo Ateneo.

In occasione della mostra di “Paul Klee e l'Italia” presente allo GNAM di Roma (Galleria Nazionale d'Arte Moderna) fino al 27 Gennaio, FortissimamenteArte vi propone i primi 28 min dell'intervento del Professor Di Giacomo....quando la Filosofia si lega all'Arte il risultato è semplicemente affascinante.







1967: Due mostre a confronto tra Genova e Foligno.



- Mostra di Foligno nel Giugno del 1967, di Gino Marotta e Lanfranco Radi, “lo spazio dell'immagine” a Palazzo Trinci, il tutto patrocinato dall'allora vicesegretario del partito della DC Flaminio Piccoli.


- Germano Celant nel settembre/ottobre del 1967, da vita al termine “Arte Povera” nel catalogo della mostra di Genova, presso la Galleria della Bertesca di Francesco Masnata.



Entrambe le mostre vengono “allestite” (vedremo poi il motivo del virgolettato) in un momento culturale particolarmente fecondo in l'Italia, che aveva visto primeggiare l'esperienza artistica dell'Informale, intesa come corrente appartenente alla sfera del gesto ed alla negazione della raffigurazione tradizionale; esperienza che si allarga all'intera Europa, una sorta di risposta all'Astrazione americana ed alla recente produzione di stampo Minimalista.


Francia (con Dubuffet e Froutrier) e Italia (con Fontana e Burri), divengono sorvegliate speciali della prima produzione Informale.

Se dietro le motivazioni della Mostra di Genova l'Arte povera rifiutava, guardando alle mode americane, quella serialità consumistica schiava di una produzione industriale, quella di Foligno apre a scenari completamente nuovi. L'opera d'arte ammonisce la sua riproducibilità attraverso il suo montaggio, specifico per quella mostra e per quello spazio.
Non è più lo spazio ad adattarsi all'opera ma l'opera stessa ad adattarsi allo spazio condiviso.

Ecco perchè il concetto di allestimento è di fondamentale importanza, perchè ottiene una considerazione tale da paragonandosi al significato stesso dell'opera, anzi è il suo precedente più importante poiché senza quel particolare allestimento non gli è possibile assumere quel determinato significato.

Tra le distanze causali però vi sono anche delle condivisioni oggettive. Entrambe le mostre vengono promosse in Italia, entrambe nello stesso anno (anzi a distanza di pochi mesi l'una dall'altra), entrambe confermano l'importanza fondamentale che l'Italia aveva tra gli anni '60-'70, sia per quanto riguarda le riflessioni sui temi più attuali, sia per la spinta progressista verso la modernità.

Foligno: Quando parlo di allestimento parlo di costruzioni come quella di Gino Marotta in Bosco Naturale o Artificiale, parlo di costruzioni come quella di Gianni Colombo in After Structure, parlo di costruzioni come quella di Ceroli in La Gabbia. L'opera d'arte allora non è più un oggetto da guardare ma un esperienza da vivere.

Ugualmente a Genova: artisti come Boetti, Fabbro Kounellis, Pascali, si riappropriano di uno spazio pre-industriale, quasi rurale contemplando tradizione e artigianato.

venerdì 1 febbraio 2013

dal quotidiano "La Repubblica" uno spaccato di vita. "Duchamp: la sposa ignorante e il genio provocatore"


Un matrimonio così, tanto per fare. Senza alcun dialogo né prospettive né romanticismo. Protagonisti una giovane borghese casta, pingue e non estrosa, e un genio di rara perfidia, alieno ai sentimenti e non immune da sadismo. Lui è Marcel Duchamp, animatore di dadaismo e surrealismo, iniziatore dell' arte concettuale, ironico e perturbante nichilista capace di trasformare oggetti presi dalla vita - scolabottiglie, ruote di biciclette, orinatoi - in somme opere d' arte, i ready-made. Lei, Lydie Sarazin-Levassor, sua prima moglie, buttata via dopo pochi mesi d' insulsa convivenza, gli ha dedicato un libro di memorie ingenuo e doloroso, molto istruttivo sull' indole patologicamente anaffettiva dell' uomo con «lo sguardo più intelligente del ventesimo secolo», come disse Breton (verificare per credere la straordinaria bellezza di Marcel nei ritratti esposti in questi giorni al Pac di Milano, nella mostra di Ugo Mulas La scena dell' arte). Già uscito in francese e in inglese, e ora edito in Italia da Archinto (pagg. 204, euro 22), il libro s' intitola Uno scacco matrimoniale, con riferimento alla mania più coltivata da Duchamp, scacchista insigne e ossessivo. Il sottotitolo, Il cuore della sposa messo a nudo dal suo scapolo, anche, implica una citazione ancor più sofisticata, visto che l' opera più importante di Duchamp, manifesto del suo credo, è La Mariée mise à nu par ses célibataires, même. Il che, applicato a questo diario coniugale d' irrimediabile comicità e tristezza, esprime in modo pertinente lo stato di disagio di una candida Demoiselle d' inizio Novecento catapultata negli anni irriverenti della rimessa in discussione dei valori dopo la Grande Guerra, e veramente «messa a nudo», nel suo piccolo e stupido cuore traboccante di aspettative, da uno scapolo spietato. Quando conosce Duchamp, nel ' 27, Lydie ha 24 anni, i suoi genitori stanno per divorziare e lei non sa che fare della propria vita. Suo padre ha un' amante, Jeanne de Monjovet, cantante alla moda che vuol essere sposata, e la madre di Lydie acconsentirà al divorzio solo se prima si sposerà la figlia. Germaine Everling, compagna del pittore Francis Picabia, fa conoscere alla ragazza Marcel, all' epoca in cerca di moglie con dote cospicua. Lydie trova «bizzarro» quest' artista che ha abbandonato la pittura per concentrarsi sugli scacchi, mentre Duchamp si dice affascinato dall' ignoranza catastrofica di lei: «Meraviglioso ignorare tutto a tal punto!». E già al secondo incontro la giovinetta è innamorata di questo strano quarantenne che ammira l' incultura di lei e che fa sfoggio di un cappotto di lupo canadese, di un' incredibile profusione di cravatte e di una tuta da falegname indossata al posto della vestaglia. Da allora compiono escursioni gastronomiche quasi quotidiane in giro per Parigi, consuetudine compulsiva che caratterizzerà la loro unione. Marcel è tornato a Parigi dopo il lungo soggiorno americano, dove ha prodotto i primi scandalosi ready-made, si è applicato alle follie ermetiche e alchemiche della Mariée, detta anche il Grande Vetro (due enormi lastre di vetro racchiudono lamine di metallo dipinto, polvere e fili di piombo), e ha fondato con i mecenati Katherine Dreier e Walter Arensberg la Society of Indipendent Artists. Lydie, a fianco di Marcel, scopre un mondo stravagante e avanguardista di cui non comprende nulla, animato da eroi come Picasso, Cocteau, Kiki de Montparnasse e Yvonne George. Non conosce il lavoro di Duchamp, e resta disgustata dalla prima opera che vede, il Moulin à café. L' incompatibilità è evidente: a lei piace cantare (ma è stonata), lui detesta la musica; lei crede nella reincarnazione, mentre lui trova ridicoli i temi metafisici. Piuttosto ama la matematica e i giochi di parole osceni, che lei trova abominevoli. Eppure si fissano le nozze e si decide che la coppia abiterà nel piccolo studio di Marcel, in Rue Larrey. L' arredo si compone di un' esilarante raccolta di ready-made: utensili da medici acquisiti come arnesi da cucina, padelle da ospedale come piatti di portata, dondoli che pendono dal soffitto al posto dei letti. La casa, al settimo piano di un edificio senza ascensore, è un antro sordido col gabinetto alla turca, una moquette consunta e una brutta stufa di ghisa. Quando Lydie vi porta le sue valigie, Marcel reagisce con un attacco di nausea. Il matrimonio viene celebrato il 7 giugno 1927, con Man Ray che filma la cerimonia e Picabia come testimone, e nei giorni successivi gli sposi, i quali insistono nel darsi del voi, trascorrono il tempo, comme d' habitude, a mangiare. Lydie elenca intere mappe culinarie: stinco di montone alla Gare d' Austerlitz, cotolette alla Villette, rognoni fritti alla Porte d' Orléans, cous cous alla Moschea. Duchamp rivela vari chiodi fissi: l' odio per Freud («quel tipo di Vienna vizioso e pervertito»), la passione per i luoghi pieni di portuali (quando viaggia vuole dormire in infimi alberghetti nei porti) e il ribrezzo per i peli, per cui la obbliga a depilarsi con lo zolfo. Non le racconta quello che nel ' 20 era stato il suo primo film, distrutto durante lo sviluppo della pellicola e girato con Man Ray: la rasatura pubica della baronessa Elsa von Freytag-Loringhoven, incarnazione del Dada a New York e celebre per i suoi cappelli carichi di carote e barbabietole. Lydie frequenta suo malgrado gli amici di Marcel, in particolare Brancusi e Man Ray. Il primo è uno scultore rumeno che la ammette nella sua cerchia dei Maurice, secondo il nome che dà alle persone «di animo puro», con l' esito di un susseguirsi di serate alcoliche tra Maurice Lydie, Maurice Marcel e Maurice Brancusi. Il secondo è descritto come un ometto ipocrita, meschino e tirchio, che quando la accoglie nel suo studio per farle un ritratto (lei lo giudicherà orrendo) la nasconde all' arrivo di un mercante, umiliandola come una prostituta. Il matrimonio Duchamp viaggia di male in peggio durante una gita nel Midi, sulla 5 Cavalli di lei. In campagna, mentre Picabia esibisce il vezzo di sparare alle gomme della macchina che lo precede, Lydie diventa sempre più grassa e Marcel si fa secco e cupo. Tornati a Parigi, le annuncia di aver affittato per loro due un appartamento più spazioso e le impone di risistemarlo. Poi la invita a spostarsi da sola nella casa nuova e a trovarsi al più presto degli amanti. E quando sono convocati dal giudice per il divorzio estrae dalla tasca un libriccino di indovinelli invitandola a giocare insieme, per ingannare l' attesa. Lydie lo definisce un bricoleur più che un artista e un mostruoso cacciatore di dote, capace d' infierire sulle sue vittime con perversione chirurgica. Negli anni Settanta, sposata dal ' 43 con Pierre Fischer, le brucia ancora lo scacco. Spinta dagli organizzatori della grande retrospettiva su Duchamp presentata al Centre Pompidou nel ' 77, scrive la sua grottesca cronaca matrimoniale, di cui una rivista pubblica alcuni estratti nell' 89, un anno dopo la morte della signora. Il libro completo esce nel 2004, curato e commentato (con appendice di note minuziose) dal semiologo Marc Décimo, che riceve il dattiloscritto dal figlio di Lydie, Claude-Olivier Fischer. Da parte sua Marcel, morto nel ' 68, aveva lietamente rinunciato al celibato sposando nel ' 54 Alexina Sattler Matisse, detta Teeny, rimastagli accanto per la vita. Quanto a Lydie, la patetica sposa messa a nudo, dopo il divorzio da Marcel avrebbe adottato per se stessa il nome di «Lydiote»: così firmava le sue lettere. Per dire quanto devastante fosse stata l' esperienza.

LEONETTA BENTIVOGLIO (articolo pubblicato il 7 febbraio 2008)

domenica 27 gennaio 2013

Contro la crisi del mercato globale, il "bottino" dell'Arte Contemporanea

Perché il Mercato dell'Arte non conosce crisi? Certamente perché il divario sociale aumenta a dismisura e senza guardarsi indietro. Le Crisi, a maggior ragione quelle mondiali, storicamente servono a ricordare a chi sbadatamente l'abbia dimenticato, che le classi sociali esistono, e sono quelle più alte a reclamare il diritto al potere. Ma "moneta" a parte, l'Arte vende idee e da qui la domanda .... quando queste idee divengono "lusso"?

Quando l'idea riesce nello straordinario e balordo compito di trasmette ciò che non è esprimibile.

Come in una poesia che da senso al non senso, come quando la letteratura dona parole a ciò che prima non poteva esser detto, così il capolavoro rende visibile il non visibile

...ecco che forma hanno alcune di queste idee:

1     Edvard Munch, The Scream, $119.9 milioni Sotheby's (dip nel 1985)



2     Mark Rothko, Orange, Red, Yellow, $ 86.9 milioni, Christie's (dip nel 1961)



3     Mark Rothko, No 1 (Royale Red end Blue), 75.1 milioni, Sotheby's (dip nel 1954)



4     Raffaello testa di Giovane Apostolo, 47.8 milioni, Sotheby's (dip nel 1519)



5     Roy Lichtenstein, Sleepeng Girl, 44.8 milioni, Sotheby's (dip nel 1964)



6     Claude Monet, Water Lilies, 43.8 milioni, Christie's (dip nel 1905)



7     Andy Warhol, Statue of  Liberty, 43.7 milioni, Christie's (dip nel 1963)



8     Picasso, Natura morta con Tulipani, 41.5 milioni, Sotheby's (dip nel 1932)



9     Jackson Pollok, Numero 4, 40.4 milioni, Sotheby's (dip nel 1951)



10  Franz Kline, senza titolo, 40.4 milioni, Sotheby's (dip nel 1957)



...di seguito il Link dei prossimi 25 lotti.

Grazie alla ricerca di Martina Gambillara di "Artribune" per il lotti in elenco.

http://www.artribune.com/2012/12/top-lot-2012-ecco-i-25-lotti-che-sono-andati-meglio-tra-christies-e-sothebys-nellanno-che-sta-finendo-crisi-macche-il-consuntivo-fa-44-in-asta/