martedì 29 maggio 2012

Cosa ci facciamo di fronte ad un'opera d'arte?...esperienza estetica


Cosa ci facciamo di fronte ad un'opera d'arte?

Vi è mai capitato di trovarvi a tu per tu con un quadro, una statua, un'opera teatrale, e di domandarvi segretamente, lontano da orecchie indiscrete, ma cosa dovrei vedere? Cosa mi trattiene qui? Cosa sto facendo?

Certo non sono le uniche domande che è possibile porsi di fronte ad una creazione. Vi sarebbero domande del tipo, cosa significa(?), oppure quale valore ha(?), se possa o no esser definibile opera d'arte(?), ma non è a queste ora a cui vogliamo dare risposta.

Non tutti siamo in grado di rimanere rapiti difronte ad un'opera d'arte come fece Pigmalione con la sua Galatea ma, nella nostra ingenua incapacità, possiamo porci certamente delle domande, alle quali dare risposta significherebbe comprendere almeno il senso del gesto. Quale gesto? Quello di osservare.

I motivi per cui si rimane a contemplare un oggetto, prestare ascolto ad un suono, soffrire per le sorti di un attore, sono gli effetti incontrollati di una percezione innata, alla quale troppo spesso nessuno chiede più spiegazioni.
Curiosità, bellezza, gusto, lavoro, moda, per qualsiasi motivo sostiamo difronte ad un'opera, certamente stiamo mediando tra informazione derivata e sensazione percepita.

Ci sono diversi modi di star davanti ad un'opera d'arte.
E questi modi, queste categorie di comportamento, presuppongono un'azione circolare e perpetua: poniamo attenzione al dato osservato, configuriamo la mente assemblando e organizzando le informazione che essa ci rimanda, ritorniamo con la mente all'oggetto e ne traiamo dei giudizi significanti.
Quindi il movimento va dalla mente all'oggetto, dall'oggetto alla mente, nuovamente dalla mente all'oggetto.

Senza rendercene conto però, nel solo sostare e osservare l'opera, stiamo inconsapevolmente "godendo" di una fruizione estetica. 
L'estetica sta nella lettura di un testo prima ancora di rendersi conto si tratti di un romanzo; sta nell'ascoltare un suono senza capire si tratti esattamente di un'opera lirica.
Si, perché la prassi estetica fugge qualsiasi comprensione del dato osservato; una volta arrivati ad un qual si voglia tipo di comprensione subentra un'altra sfera comportamentale che abita nella pratica del “significato”.

L'Estetica contemporanea basa i suoi fondamenti sulla dialettica tra “scienza dello spirito”, perciò ricondurre il tutto ad una questione spirituale, e “scienza metodologica” secondo la quale è nella logica che abita il giudizio della verità.

Ma l'estetica è di fatto una branca della filosofia, quindi è facilmente intuibile quanto l'astrazione sia parte integrante del suo sviluppo accademico.

I filosofi, gli storici e critici d'arte che si avvalgono della pratica sensitiva dell'estetica certo hanno ben chiaro quale sia il fine di tale strumento...arrivare alla vera essenza dell'opera. Non al fine, non al significato, non alla forma ne al contenuto, ma all'origine della sua creazione.

Essi si trovano a studiare l'oggetto ritrovando la sua genesi. La domanda che essi si pongono è piuttosto il perché un tale oggetto sia stato generato; Quali idee hanno motivato l'artista a soddisfare la sua sete di condivisione. L'essenza, è il suo cruccio, il suo essere non il suo apparire.
Non è ugualmente la filosofia che pretende di arrivare alla comprensione universale del tutto, alla sua più intima verità?

“Erlebnis” direbbe Hegel

E chi ci aiuterà a camminare in questo virtuale mondo dell'astratto che si chiama verità?
Tra la percezione estetica ed il significato intrinseco si pone l'Immagine, che concretizza l'idea del genio (artista) e la rende manifesta nella sua rappresentazione.
Si badi che in questa rappresentazione egli, l'artista, mostra non solo un immagine nel presente, ma riconduce lo spettatore alla prova che in essa vi abiti contemporaneamente sia la memoria del proprio operato (e dell'intera storia dell'arte), sia lo stimolo che permetterà a lui e ad altri di operare per mezzo di essa ulteriori sviluppi.
Riconoscere in un opera tradizione del passato e attesa del futuro vorrebbe dire contribuire a trasformare l'oggetto in uno strumento comunicativo.
Ricondurre quindi l'opera al ruolo che gli compete: funzione sociale

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